«In consolle amo far ballare, ma oggi i ragazzi non pogano più»
Mezzo secolo di vita come Gian Paolo Laffranchi e cinque lustri in consolle da Dj Joao. Il giornalista bresciano Laffranchi (trent’anni anche di professione, serenamente distribuiti tra sport e spettacoli) celebra i due anniversari in cifra tonda dentro un unico dj party da «scompiglio garantito» domani al Der Mast di Brescia, teatro in cui è «resident deejay» da tre anni.
Lo show prenderà il via alle 21, quando si esibiranno prima il duo caba-rock BenZani (Enrico Zani, Sergio «Benzo» Benzoni) e poi i Cadillac Circus (Stephen Hogan, Luca Gallina); quindi ospiti a sorpresa e un torrenziale dj set con il festeggiato.
L’appuntamento è nel teatro di via Carducci 17/E; l’ingresso costa 15 euro compresa consumazione in prevendita; 18 euro al botteghino; è possibile anche cenare; info su www.dermast.it).
Lo abbiamo sentito per un bilancio.
Gian Paolo, come si concilia la passione per il mixer con una professione che non lascia molto tempo libero? Dormendo poco?
Non sono mai andato a letto presto la sera, in effetti, diversamente dal protagonista di quel celebre film (C’era una volta in America, ndr). Ma la musica è la vita stessa, e io non riesco a scindere le due cose. Sono nato in mezzo alla musica e instradato da una zia, maggiore di me di solo nove anni, che faceva la dj e frequentava locali con tanta musica. Lei ascoltava Police, Cure e Depeche Mode, e il mio imprinting è quello: ancora oggi, quando li sento, è automatico il richiamo all’infanzia. Nel tempo la passione è aumentata, ed è diventata un impegno, più ancora che un hobby.
Chi c’è nel tuo «pantheon musicale da dj?
Sono partito dall’idea di proporre i miei artisti preferiti (Beatles, Led Zeppelin, Jimi Hendrix), per giungere a selezioni in cui questi non compaiono, salvo rare eccezioni. Il motivo è semplice: quello che volevo, e che voglio, è far ballare. E per questo serve un altro tipo di musica, completamente diversa. Per tornare alla tua domanda, nel pantheon di Dj Joao ci sono Chemical Brothers, Fatboy Slim, Purple Disco Machine e, in generale, dj e produttori dance che hanno portato qualcosa di nuovo nel connubio tra canzone (perché la forma canzone resta per me fondamentale), ritmo e gusto del suono.
In anni di consolle hai visto mutare il panorama musicale bresciano…
È molto cambiato nel tempo. È venuta in buona parte meno tutta una scena di locali che partiva dal Donne e Motori e arrivava al Latte Più, passando per altre realtà come Lio Bar, Latteria Molloy, Der Mast. I giovanissimi di oggi sono diversi, meno sudore e più «ciacole e aperitivo», tanto che è più facile trovare un cinquantenne che poga sui Ramones rispetto a un ragazzo che abbia voglia di sporcarsi la maglietta. Non voglio fare il vecchio che giudica (male) il nuovo, è un dato di fatto: non so dove ci porta, ma credo che sia evidente.
Unendo passione per la musica e professione, quale artista vorresti intervistare?
Paul McCartney. Vorrei chiedergli come gli sono riuscite certe meraviglie, certe magie. Anche solo per farmi rispondere: «Non lo so».
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