Fiorella Mannoia ammalia Brescia: inebriante, tra canzoni e impegno
Enrico Danesi
La cantante ha eseguito brani classici e novità al Teatro Clerici, per la gioia dei 1.900 fan

Fiorella Mannoia sul palco del Clerici
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Sinfonica, elegante, con classe infinita: Fiorella Mannoia ammalia il pubblico (1.900 spettatori circa) del Teatro Clerici di Brescia, una città che l’adora e l’accoglie sempre con grande calore. Il respiro garantito dall’orchestra fa risaltare la qualità interpretativa della cantante romana, che per l’occasione rinnova il repertorio: in scena alcune canzoni che affronta da una vita, ma corredate da un’ampia selezione di pezzi più recenti, in parte scritti da lei stessa, che beneficiano in misura anche maggiore della dimensione sinfonica confezionata con l’ausilio dell’orchestra Saverio Mercadante di Altamura, diretta dal maestro Rocco De Bernardis.
Comincia con «Caffè nero bollente», il brano che la lanciò nel 1981, a Sanremo, e che da ballata rock che era acquista varietà e sfumature inedite, tra il pop e il jazz sincopato. «Combattente» e «Senza conseguenza» fanno invece parte della produzione degli ultimi anni, mentre «il piacere e il dovere di cantare quelli che non ci sono più, per tramandarne la memoria» (Mannoia dixit) porta in dote una perla di Lucio Battisti, «Io vivrò senza te».

Giochi di luci per Mannoia sul palco
Scorrono «Come si cambia», la bellissima «Libri usati», «Giovanna d’Arco» (regalo di De Gregori, che la scrisse appositamente per lei), «Pescatore» di Bertoli (al cui successo contribuì in prima persona) e «In viaggio»: prosegue in questo modo la feconda contaminazione tra classici e composizioni che hanno la stoffa per diventare tali in futuro. Un capitolo a parte merita «Disobbedire», che Fiorella introduce così: «Se non ci fossero stati i disobbedienti, l’umanità non si sarebbe evoluta. Dobbiamo obbedire solo alla nostra coscienza, e quando essa ci dice che qualcosa è ingiusto, abbiamo non solo il diritto, ma anche il dovere di disobbedire».
Quindi si interroga sugli errori del nostro tempo e grida: «Facciamoci sentire, perché... "La storia non si deve ripetere”, che è un mantra di speranza, ma anche il titolo della canzone che segue». C’è parecchio altro da segnalare, da «Il peso del coraggio» a «Margherita» di Cocciante, dal medley latino «Besame Mucho/ Quizás, Quizás, Quizás» a «Che sia benedetta», da «Sally a «Mariposa», da «Quello che le donne non dicono» a «Il cielo d’Irlanda» (in platea). E chiude magnificamente a cappella, con Il disertore di Boris Vian, nella versione italiana di Ivano Fossati. Ovazione.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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