Festa di Radio Onda d’Urto, in 7mila per Gemitaiz
Bagno di folla e picchi di emozione dentro un live vario e non troppo compatto, che ha soddisfatto un pubblico giovane, anche se non giovanissimo, con la fascia d’età tra i venti i trent’anni a farla da padrona.
La serata
Erano (almeno) in 7.000 ad ascoltare Gemitaiz con la sua «QVC Experience», nell’unica serata della XXXII Festa di Radio Onda d’Urto senza opener, soltanto con l’headliner a occupare il palco principale. Il rapper romano ha dispensato proposte musicali nel solco della sua torrenziale saga di mixtape «QVC - Quello che vi consiglio» (giunta al decimo capitolo in quindici anni), senza peraltro dimenticare il resto di una produzione estremamente ampia.
L’ordine è più o meno quello cronologico, che evidenzia la traiettoria artistica di Gemitaiz, mette a fuoco l’evoluzione dei testi, ma tutto sommato anche la coerenza di un veterano (di 35 anni) che non si sente affatto vecchio – nonostante l’esperienza accumulata, o forse proprio per quella – per rappare in scioltezza, cantando di paranoia, di disagio, della condizione di chi si sente estraneo a ogni contesto, a proprio agio in nessuno.
Come emerge in «Ti piacerebbe», rivendicazione fiera di autonomia e valore contro gli invidiosi, che contiene (tra i versi non vietati ai minori), cose tipo: «La mia attitudine i miei flow i miei testi (ah)/almeno due di queste le vorresti (ehehe)/non dico tre perché non me la tiro come rapper (ma)/ma lo sappiamo sia io che te quanto ti piacerebbe/c'è chi può e c'è chi non può lo so/è una delusione, c'è chi ci nasce con una certa predisposizione…».
Il personaggio
Classe 1988, Gemitaiz (pseudonimo di Davide De Luca) è uno dei rapper più seguiti del panorama hip hop italiano. Precoce sulla scena underground della capitale con i mixtape (che in origine erano essenzialmente agglomerati di tracce audio, composte da parti vocali registrate su produzioni edite, quindi di canzoni già esistenti, in genere distribuite attraverso canali no profit), accede al mercato discografico ufficiale soltanto nel 2012, pubblicando «Detto, fatto» in coppia con il coetaneo salentino MadMan, mentre nel 2013 – dopo aver firmato un contratto con l’etichetta Tanta Roba – esordisce con il primo album da solista, «L’Unico Compromesso». Estremamente prolifico, ha continuato ad alternare album in studio (mezza dozzina, finora) con i mixtape, in particolare dando seguito alla saga «QVC - Quello che vi consiglio», che dal 2009 ad oggi ha inanellato ben 10 capitoli e rappresenta la serie più longeva del rap nazionale.
Vero che i mixtape hanno per lo più perso la caratterizzazione «romantica» che avevano in principio e per contro acquisito una valenza commerciale, ma per Gemitaiz restano un’esigenza espressiva che conserva una pur minima indipendenza dalle logiche del mercato. Da lì è nata l’idea di un live antologico che muova proprio da quel tipo di produzione.
L’atmosfera
«Ieri sera ero in Versilia e hanno fatto un sacco di casino. Stasera a Brescia siete molti di più: non vorrete farvi battere dai toscani, vero?» Il boato che sale come risposta dalla platea antagonista vale più di una risposta, come pure l’efficacia dei cori che si ergono puntuali ogni volta che il rap di Gemitaiz richiede il contributo (in termini di botta e risposta) del pubblico.
Anche se poi ci sono stati dei momenti in cui il rapper – che si è lamentato in continuazione per il caldo, in effetti asfissiante – lo ha richiamato, quel pubblico: è accaduto quando gli sembrava che la tensione calasse eccessivamente, esortandolo a riprendersi: «Fatevi sentire! Avevate cominciato bene…se vi ammosciate, ci sgonfiamo anche noi».
Da «È morto» alle varie parti della «Ballata del dubbio», da «On the Corner» a «Canzone triste» o «Mama», Gemitaiz ha cantanto e rappato ogni singola parola per due ore, evitando di fare come certi suoi colleghi, che lasciano che la canzone scorra sotto, per coprirsi le spalle nei momenti di stanca, per riprendere fiato quando non ce la fanno a tenere i ritmi estenuanti di uno show hip hop: con lui non succede, «perché – come ci tiene a sottolineare – in un concerto rap uno deve cantare, sempre».
Tiene bene il palco, chiama diversi ospiti a raggiungerlo per questo o quel brano e sfrutta al meglio anche la componente video a corredo, che è molto varia, dalle immagini reali in bianco e nero dell’inizio (a rappresentare il passato remoto del suo repertorio) a coloratissime composizioni grafiche, mentre nei momenti meno ritmati sceglie muri di cromatismi pastello.
«Ripercorro quindici anni di carriera, ed è bello per me – spiega – vedere che ci sono persone di trentacinque, di venti, di diciott’anni, anche meno». Poi chiede se c’è qualcuno che assiste per la prima volta a un suo spettacolo e, di fronte a un po’ di mani alzate, aggiunge senza falsa modestia: «Vi va di lusso, a voi, perché dal vivo sono veramente bravo!».
Ci sono canzoni che accendono la platea più di altre, ed una di queste è l’autoreferenziale «Davide», con tutti che cantano frasi come «Non sconfiggi la vita/L'ho imparato col tempo/Se la capisci può farti contento/La prendo per mano e balliamo un lento/In una stanza senza pavimento/Scusa è così che mi sento/Sono una specie di esperimento/Aspetto due ore e ritento/Ma tanto c'ha sempre il telefono spento/La legge di Murphy…».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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