Musica

Com’è andato questo Sanremo 2024, alla fine

Amadeus e Fiorello in questa 74esima edizione sono stati ancora di più delle vere e proprie macchine da guerra dell’entertainment
Angelina Mango e Amadeus sul palco di Sanremo
Angelina Mango e Amadeus sul palco di Sanremo
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Il teorema del ballo del qua qua. Commetti una gaffe, una delle poche in cinque anni, che rischia di innescare anche un paio di incidenti legali di quelli che se ne fa volentieri a meno. E trasformi la stessa gaffe in ripetute occasioni d’intrattenimento, non solo nel corso delle dirette. Risultato: agli occhi di almeno gran parte del pubblico esci vincitore pure lì. Dopo aver, incidentalmente, inanellato dati d’ascolto vertiginosi. Che poi sono la moneta di tutto. Giustificano gli ingenti investimenti degli sponsor (che adesso sono in realtà partner), che a loro volta vedono i propri nomi abbinati a un prodotto dal clamoroso successo. Gli stessi investimenti ripagano uno sforzo immane (anche sul versante economico) di produzione.

Vincono Amadeus e Fiorello, dunque, in questa settantaquattresima edizione del Festival di Sanremo ancora di più vere e proprie macchine da guerra dell’entertainment. Il direttore artistico ha detto e ripetuto che questo è stato l’ultimo anno. Potrà smentirsi e tentennare già in queste ore, ma la sensazione è che - almeno per ora - sia tutto vero. Anche perché Ama, in questa quinta edizione, ha alzato il volume al massimo. Ha girato la manopola a 360 gradi. Qualche decibel in più e si frantumano i vetri.

È stato infatti un Festival torrenziale, pantagruelico, lunghissimo ma velocissimo, una maratona corsa col passo di un centometrista. A naso, verrebbe da dire che è stato il «più suo» di tutti i Festival, tanto che nemmeno lui - adesso - avrebbe interesse a prendere in mano un nuovo Sanremo dopo questo Sanremo. Al contenitore - però - ha dato un contenuto che, francamente, fatichiamo a immaginare rinunciabile per il Festival che verrà. A partire dalla musica - che è in larga parte espressione quella che si ascolta tutto l’anno -, per arrivare alle conquiste di marketing. Morale, per metterla giù in soldoni: chi verrà dovrà in qualche modo essere Amadeus senza essere Amadeus. Indietro non si torna, e una strada alternativa potrebbe comportare troppi rischi.

Vince Angelina Mango. Senza nulla togliere a lei (brava) e alla sua canzone (bella), resta la sensazione che sia stata eletta dalle giurie «non popolari» (stampa e radio) per contrastare il re del televoto Geolier. Dopo 10 anni una donna torna a trionfare all’Ariston.

Nei post e nelle storie di Instagram di Radio Bresciasette esiste la prova che chi ha cercato di raccontarvi questa settimana sul nostro quotidiano in edicola, e pure qui, aveva azzeccato il pronostico circa il podio. Ma - per gusti personali - avrebbe preferito un’altra terna, formata da Ghali, The Kolors e Mahmood. O Annalisa. Ma queste sono opinioni.

Il dato di fatto è che il Festival dei bresciani è stato memorabile solo per il bresciano che non canta. Ossia Mattia Stanga, conduttore nel Prima Festival. Renga, in coppia con Nek, ha trasmesso il proprio messaggio, eppure non ha mai trovato il pieno favore di alcuna delle componenti del voto. Nell’ultima serata è passato dalla posizione 26 alla 25. La Sad di Matteo Theø Botticini si è fatta notare, ma non è mai stata in gara. L’augurio è che l’effetto Sanremo possa comunque portare ulteriore linfa a un progetto che pare già di per sé molto vitale (dal ventottesimo al ventisettesimo posto). Mr. Rain, verosimilmente, poteva sperare in meglio. Il suo percorso qui ha avuto un sussulto soltanto nella terza serata (quinto, grazie al televoto). Ma nel corso della finale è salito dal diciottesimo al diciassettesimo posto.

Destino curioso, infine, quello di Annalisa. Terza in tutte le serate in cui si è esibita. Compresa quella delle cover. Se non è un record e poco ci manca.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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