È uscito il nuovo album del cantautore bresciano Michele Gazich

Musica che artiglia l’anima, senza parole banali, rime trite, orpelli armonici, canto indistinguibile e stereotipato: un disco di Michele Gazich è un evento da accogliere come una boccata di aria fresca, dal sapore balsamico.
L’album
Esce oggi, 21 febbraio, sulle piattaforme digitali e in formato fisico (per ora in cd, ma arriverà un’edizione in vinile, a tiratura limitata) «Solo i miracoli hanno un senso stanotte in questa trincea», che verrà anche presentato dall’artista, in serata, al mitico «FolkClub» di Torino. Si tratta di un album «a rilascio lento», concepito tra il 2008 e il 2024 (ma nel frattempo Gazich ne ha pubblicati altri dieci, di lavori, oltre a suonare in proprio e collaborare con musicisti di rango planetario, tra cui Mary Gauthier, Michelle Shocked, Mark Olson, Eric Andersen), registrato tra il 29 settembre 2017 e il 29 giugno scorso.
L’ellepì, sulla cui copertina campeggia una foto di Gazich bambino, consta di nove tracce ed è interamente suonato e cantato dal compositore, violinista e scrittore di canzoni nato a Brescia, insieme alla violoncellista triestina Giovanna Famulari, con l’eccezione del «Coro dei Puri di Cuore» che compare alla fine della title-track, posta a sigillo del disco.
Lo stesso Gazich ha spiegato il significato del titolo: «Viviamo immersi in un presente così tremendo e incredibile (nel senso di difficile da credere), che – quantomeno per me – è più semplice credere ai miracoli». E si è poi soffermato sull’inusitata ampiezza dei tempi di gestazione: «Si tratta di materiale speciale, brani del cuore che avevo messo da parte, pensando che avrebbero potuto entrare in un’opera postuma, come una sorta di lascito. Ma alla fine mi sono detto: perché aspettare, perché non darle alla luce ora?».
Canzoni d’autore, dunque, con un intermezzo strumentale che funge quasi da spartiacque tra le due parti del disco: è «Materiali sonori per una descrizione dell’anima di Paolo F.», componimento scritto nel 2020, subito dopo la morte dell’intellettuale anarchico Paolo Finzi, suo amico di vecchia data. In acustico, senza sezione ritmica, ma curiosamente pure senza la chitarra (strumento principe nell’universo cantautorale), con il pianoforte - suonato alternativamente da Gazich e Famulari, i quali alternano pure le voci - che affianca violino e violoncello.
Contenuti
I contenuti non delineano un concept, come successo altre volte, ma ci portano comunque dentro un mondo popolato da pensatori, poeti (da Dante a Goethe, da Holdërlin a Bonnefoy, passando per Fabrizio De Andrè e Francesco De Gregori, autori di «Oceano», l’unica cover presente nel lavoro), artisti (Chagall), attrici (Solveig Dommartin) e sante (Giovanna d’Arco, nella toccante «Sangue dolce»), da suggestioni antiche e memorie che non abdicano dalla loro funzione ammonitrice (quando serve) ovvero portatrice di inestinguibile splendore.
Sul versante musicale, invece, pur conservando quella felice contaminazione tra colta e popolare, che in lui è stile, Gazich decide di far emergere la formazione classica che lo accomuna a Famulari: tra rielaborazioni personali di Schubert, Mozart, Beethoven, soprattutto, si realizza per entrambi la riappropriazione di una tradizione imparata e messa da parte per fare altro. Ora la riprendono, facendola dialogare – alla loro maniera – con quanto appreso e frequentato in seguito, generando emozioni e bagliori di ulteriore bellezza.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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