Pimpante, intelligente e mai rassicurante: ovazione per Samuele Bersani

Enrico Danesi
Il cantautore bolognese accolto dagli applausi al Dis_Play di Brescia (tutto esaurito), tra vecchi successi e un omaggio a Lucio Dalla
  • Bersani in concerto a Brescia
    Bersani in concerto a Brescia - Foto New Reporter Papetti © www.giornaledibrescia.it
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Samuele Bersani sinfonico, analogico e di nuovo pimpante, con la sua canzone d’autore intelligente, stravagante, mai troppo rassicurante. Un universo singolare in cui i brani sono come piccoli film in cui prevale ora il gusto del racconto, ora quello della suggestione, che non si pestano mai i piedi.

L’applauso con cui il cantautore bolognese è stato accolto lunedì sera, al suo ingresso sul palco del Dis_Play di Brescia (tutto esaurito) aveva un che di liberatorio, tanto che il pubblico lo ha prolungato assai più del consueto.

La scaletta

Samuele attacca subito con tre canzoni di peso, appartenenti a periodi diversi, ovvero «Il mostro» (dagli anni ‘90), insieme a due estratti dall’album «L’aldiquà»: «Come due somari» e «Occhiali rotti», che punta su un ossimoro strutturale – andamento allegro, testo raggelante – per far digerire l’assurda (e impunita) tragedia di Enzo Baldoni, giornalista freelance ammazzato in Iraq nel 2004.

Di parole sulla grave patologia che lo ha costretto a rinviare date del tour, Bersani ne aveva spese in occasione della ripresa primaverile e ora ne aggiunge poche: «Vi ringrazio per aver aspettato. Sto bene, non sto a raccontare ancora una volta la cosa…Se andate su Google c’è tutto: la prima voce che trovate su di me è… malattia! Ma già che ci sono, vi dico: cantate pure le mie canzoni se le riconoscete…E, a proposito (e ora mi rivolgo al pubblico femminile), io sono un baritono, quasi basso, per cui non contorcetevi per entrare nella mia ottava, va benissimo la vostra…».

La canzone che interpreta, riprendendo lo show, è proprio di quelle che cantano tutti, la romanticissima «Spaccacuore», per l’occasione esaltata da un arrangiamento sinfonico a cui gli archi regalano magia. Sono invece i fiati a creare l’atmosfera giusta per quel piccolo goiello che è «Le mie parole» di Pacifico, che Bersani (in una delle rare escursioni in territori altrui) ha fatto sua fin dal principio. Quindi, a completare un trittico d’alta scuola, arriva «Lo scrutatore non votante», una delle creazioni più bizzarre e geniali della canzone italiana.

Il palco è riempito dalla combinazione orchestra + band e allora Bersani si muove poco dal centro, dov’è posizionato non il gobbo, ma il leggio con i fogli dei testi (ecco il riferimento all’abito analogico) che Bersani utilizza da sempre, «perché già con le otto canzoni del primo disco ero in difficoltà… Ma ero tranquillo, perché da ragazzino ho visto che anche De André ce l’aveva».

Gli aneddoti sul palco

Si dilunga, con vari aneddoti (uno più gustoso dell’altro), nella introduzione di «Harakiri», perché «dopo quello che mi è capitato ho capito che certe canzoni sono premonitrici. Quella che mi sembrava la storia di un altro, ora pare proprio la mia». Con «En e Xanax» (meravigliosamente accattivante) si prende anche l’abbraccio ideale dei presenti, passeggiando in platea.

Poi mette in fila «Cattiva», «Coccodrilli», «Freak», l’irresistibile swing di «Settimo cielo» e la divertente rilettura queer di «Braccio di Ferro» (eseguita raramente dal vivo, proprio per il respiro sinfonico che la caratterizza e che non sempre è possibile). Prosegue con il delicato tributo al mentore Lucio Dalla, attraverso «Tu non mi basti mai» (ovazione).

E c’è spazio per la malinconia di «Giudizi universali» (altra canzone del secolo scorso, salutata da un’ovazione che finisce mai), per «Il pescatore di asterischi» e «Replay» (cantata da crooner), prima della chiusura trionfalmente irriverente con «Chicco e Spillo».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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