Mikhail Pletnev, naturalezza e finezza per l’inaugurazione del Festival Pianistico
Pur preceduta la settimana scorsa da un magnifico concerto straordinario con la direzione di Riccardo Chailly, l’inaugurazione vera e propria del Festival Pianistico ha avuto luogo soltanto ieri sera, mantenendo intatta la sua magia. Sul palcoscenico del Grande, si è disposta con un organico assai ampio la Filarmonica del Festival diretta da Pier Carlo Orizio e il folto pubblico presente in sala ha potuto applaudire nuovamente il celebre pianista russo Mikhail Pletnev, già protagonista di molte delle ultime edizioni.
Dopo un’efficace versione orchestrale di «Vocalise» di Rachmaninov, in cui l’orchestra ha sfoggiato tinte seducenti, Mikhail Pletnev ha attaccato i densi accordi introduttivi del Secondo Concerto di Rachmaninov con semplicità e naturalezza, senza enfasi. L’orchestra ha esposto il tema di apertura con il solista che assolve temporaneamente la funzione di accompagnatore attraverso i suoi arpeggi, finché non prende autorevolmente la parola. Ecco allora che il secondo tema è tutto del pianoforte e Pletnev lo declama con arte paragonabile a quella di un grande cantante.
Lo sviluppo del primo movimento non sembra una galoppata, come spesso accade, ma un’autentica narrazione. Anche il successivo Adagio sostenuto risplende di una nuova luce: la prima frase del pianoforte è caratterizzata da un leggero rubato, ma soprattutto si rivela multidimensionale. Questo è un Rachmaninov improntato a nobiltà, come nell’episodio in minore, messo in dolce rilievo, pensato per un crescendo di tensione, piuttosto che di mera dinamica. L’ultimo movimento, un «Allegro scherzando», viene reso, appunto in un tono scherzoso, giocoso, aereo, non pesante.
Pletnev si è congedato con due bis di straordinaria finezza: l’«Alouette» di Glinka, con sfoggio di mille sfumature di pianissimo, e un elegante Studio di Moritz Moszkowski, assai noto in Russia, un po’ meno da noi.
Seconda parte del concerto dedicata alla Nona Sinfonia di Shostakovich, una delle tante sfingi musicali del grande compositore russo. Il maestro Orizio ne ha proposto giovedì scorso una minuziosa «anatomia», come guida all’ascolto. Anche Leonard Bernstein aveva una predilezione per questa partitura scritta dopo la conclusione della seconda guerra mondiale.
A cosa dare la precedenza? A quel primo tempo neoclassico, con un secondo tema quasi circense preceduto da un comico trombone? Oppure a quel Moderato di lancinante disperazione o al musorgskiano Largo del penultimo movimento? L’autore stesso, consapevole di aver scritto una sinfonia tutt’altro che condiscendente, era convinto che sarebbe piaciuta ai musicisti, assai meno ai critici di regime. Ottima la Filarmonica diretta da Orizio nel dipanare l’affascinante sciarada.
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