Mengoni «si prende» il Palabrescia
Sembra la sagoma di Batman quella di Marco Mengoni, che accoglie il pubblico sulle note della solenne «Tonight». Poco prima un Palabrescia elettrizzato aveva ascoltato il monologo in cui Woody Allen spiega che sarebbe meglio iniziare a vivere dalla morte. Sono circa 1.200 le voci che si uniscono alla popstar su «Credimi ancora». Marco strappa il velo e si presenta con un look da crooner-James Bond, mentre la hit sanremese prende una curiosa piega tra anni Cinquanta, bassi dance e ritmi rock.
La band che lo accompagna in questo tour è in parte rinnovata. Ed è ottima. La scena è singolarmente scura per un live pop. La penombra, però, è l'humus ideale perché, spazzolata e sabbiosa, possa crescere la «Can't Help Falling In Love» di elvisiana memoria. Oltre alla buona presenza scenica di Mengoni, a colpire è la ricetta sonora del progetto live.
Occhio di bue fisso addosso, il cantante si muove con disinvoltura (anche giù dal palco, in mezzo ai fan) per tutto il set in un panorama di suoni che non smette di mutare. Rock, funk, soul, dance (c'è pure «The Switch» dei Planet Funk) elementi di jazz... c'è tutto e tutto suona bene, anche se - di brano in brano - crescerebbe la voglia di sentire Mengoni cantare in modo meno... X factoriano e più coraggioso. Ecco, proprio come nella «Psycho Killer» dei Talking Heads suonata dalla band come se fossero i Bluvertigo e cantata da Mengoni mandando la palla all'incrocio tra Jessica Rabbit e Alberto Camerini...
L'incursione di Mengoni al Palabrescia diventa blitz vincente (diviso in ben tre parti, con due pause e cambi d'abito in mezzo) con «The Fool On The Hill» dei Beatles («uno dei miei gruppi preferiti») e «Rehab», terminata con un lungo applauso. Stavolta non per Marco, ma per chi la scrisse: «Amy Winehouse, una grande artista».
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