Cultura

Marcelo Burlon, l'outsider hippie da Pechino Express al Mo.Ca.

Dopo l'avventura tra Filippine e Giappone il creativo Marcelo Burlon sarà ospite domani al Mo.Ca
Marcelo Burlon
Marcelo Burlon
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Il New York Times ha definito la sua parabola «un caso esemplare» e lui un «pioniere». E non pare un’iperbole, considerato che la sua carriera è pane per tesi di laurea in Italia e oltreoceano. Marcelo Burlon, creativo multitasking e visionario, arriva idealmente a Brescia dal Sol Levante. Sono infatti in onda in su Rai2 le sue vicissitudini in coppia col film-maker Michele Lamanna, con cui forma il team dei #Modaioli, in gara a Pechino Express fra Filippine, Taiwan e Giappone. Il direttore creativo di County of Milan, che ha saputo radunare intorno a sé il popolo del clubbing e diventare un marchio prima ancora di averne lanciato uno, racconterà domani al Mo.Ca. le tappe di una carriera in vorticosa ascesa.

La sua è considerata una vicenda esemplare, ma ha anche il sapore di una bella favola. Ha cominciato come pr, poi dj e direttore creativo. Qual è stato il suo percorso?
Ho cominciato lavorando nei locali di Milano e organizzando eventi per altri stilisti. Mi sono costruito una rete sociale sempre più ampia e sono arrivato ad esibirmi in giro per il mondo. Sempre più gente veniva ad ascoltarmi, ma mi sono accorto che volevano un simbolo di appartenenza. Così ho dato loro le mie magliette. Mi sono raccontato attraverso le grafiche ed è stato subito un successo. Prima ancora che fossero in vendita le indossavano rapper come Drake e Pusha T e star dell’Nba, da Kobe Bryant a LeBron James. 

È protagonista di tesi di laurea e la sua case history è leggenda. Cosa c’è di speciale o ispiratore nella sua storia?
Il segreto del mio successo sta nella comunicazione diretta col pubblico. Non sto su un piedistallo. Cerco di proporre un contatto il più possibile genuino e ho la sensazione che la gente abbia capito questo di me. 

È stato fra i primi a sfruttare le possibilità offerte dai social, sia in termini di visibilità che per raggiungere i suoi obiettivi. Quanto conta oggi nel business la promozione dell’immagine e cosa significa per lei? 
Oggi il telefono è una sorta di prolungamento della mano. È un mezzo che, se utilizzato bene, ha un potenziale pazzesco. Eppure chi non lo sfrutta in modo costruttivo non ne ricava niente. I social ti permettono di comunicare globalmente la tua visione. Per questo provo un forte senso si responsabilità verso i miei follower. Chi ti segue ascolta la tua voce e guarda ai tuoi valori: non fa solo caso a come ti vesti. La mia mission è comunicare alle giovani generazioni. In questo mondo connesso la gente e sempre più disconnessa dalla realtà e dalle altre persone. Ecco, per me oggi i social devono contribuire a invertire la tendenza. 

Fra brand di lusso e catene low-cost, che fase sta vivendo il mondo della moda e cosa accadrà nei prossimi anni?
Sono sempre stato un out-sider. Non avevo nulla da perdere e perciò non sono mai sceso a compromessi. Oggi vedo troppo business. Non posso prevedere cosa andrà la prossima stagione o fra quattro anni: la moda cambia e torna in un ciclo continuo. Quello che posso dire è che spero che alcune persone lascino da parte l’ego, scendano dai piedistalli e facciano trapelare ciò che hanno dentro.

Sta per uscire un documentario su di lei. Cosa racconta? Posso dire che uscirà entro fine anno e che in qualche modo, attraverso un anno della mia vita fra l’Argentina e Milano, riprende il filo di 25 anni di storia... È nato in Patagonia: spiritualità e sciamanesimo hanno sempre avuto grande influenza sul suo lavoro... Vengo da una famiglia buddhista e sono buddhista: partendo da qui è stato facile esplorare altre strade. Ho incontrato diversi sciamani. Una in particolare, cui faccio da assistente nelle cerimonie in Patagonia. Utilizzo questa simbologia nelle mie creazioni perché mi rappresenta, è parte di me.

Come è stata l’esperienza di Pechino Express?
Pezzesca. In un mese e mezzo senza telefono si torna davvero a comunicare con le persone guardandole negli occhi, dando il giusto valore ai rapporti. Ho scoperto tanto delle persone, ma anche di me stesso. Sono tornato cambiato.

La definiscono in molti modi, ma chi è Marcelo Burlon?
Direi che sono un Hippie contemporaneo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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