L'ultimo re delle Due Sicilie e il suo funerale sul Garda
Il 27 dicembre del 1894, alle 15, il signor Fabiani, a soli 58 anni, si spegneva ad Arco di Trento, località in cui trascorreva lunghi periodi per le cure termali. Fu, tuttavia, solo il 3 gennaio successivo, al suo funerale, che gli abitanti di questo Comune dell’alto Garda, allora impero austriaco, capirono veramente chi fosse quel gentile villeggiante.
L’uomo dai modi distinti, che andava a Messa con i contadini e amava passeggiare con il suo cane, era Francesco II di Borbone, ultimo re delle Due Sicilie. Nei giorni scorsi una Messa nella chiesa Collegiata per ricordarlo, nel 125° anniversario della scomparsa. L’appuntamento è stato promosso dalla fondazione Francesco II di Borbone, che ha sede proprio ad Arco ed è presieduta da Pantaleo Losapio.
La notizia della scomparsa di re Francesco fu ripresa, all’epoca, anche dalla stampa di casa nostra, con accenti diversi. La Sentinella bresciana il 28 dicembre ricordò come il defunto a Gaeta, ultima roccaforte ad arrendersi ai Piemontesi, «si difese valorosamente». La Provincia di Brescia, invece, si era lanciata in un’invettiva nei confronti dell’ex sovrano, ricordandolo come «Re Bomba», nomignolo che, per altro, era stato del padre, Ferdinando II. La Sentinella il 4 gennaio successivo pubblicò una sintesi del funerale, evidenziando come tra i presenti ci fossero la moglie Sofia con le sorelle, diversi arciduchi. Colpi di cannone a salve scandirono tutto il corteo funebre, seguito da due battaglioni di cacciatori tirolesi, scolaresche e delegazioni di veterani.
Il Cittadino di Brescia precisò che la bara era nera filettata d’argento, con sopra solo un mazzo di rose della vedova. La funzione venne officiata dal vescovo di Trento. La salma fu poi deposta nella cripta, ancora esistente, della Collegiata. Francesco II fu un eroe tragico in vita e non ebbe pace neppure in morte, fino ad anni recenti.
Nel 1917 la salma, in zona di guerra, fu spostata a Trento, dapprima nella chiesa del seminario e quindi dal 1923 nella tomba dei conti Consolati. Nel dicembre del 1938, Francesco fu sepolto a Roma, nella chiesa dello Spirito Santo in via Giulia, con le spoglie di Sofia, provenienti da Monaco. Solo nel 1984 furono trasferiti nella basilica di Santa Chiara a Napoli, con Maria Cristina, la loro unica figlia, morta a tre mesi.
Era la fine della peregrinazione terrena di una coppia esemplare nella sopportazione di un destino cinico: lui orfano di madre a quindici giorni, re a ventitré anni circondato da pessimi consiglieri, parenti perfidi (Vittorio Emanuele II era suo cugino) e abbandonato dalle corti europee.
Lei, una delle sorelle di Sissi, a 18 anni, per pochi mesi, su un trono che difese combattendo di persona sulle mura di Gaeta assediata. Questo eroismo le guadagnò l’affetto di Marcel Proust, che la definì come un’affascinante regina soldato, nel quinto volume della sua Recherche. Rimangono epitaffio essenziale, ma efficace le parole di Matilde Serao, sulle pagine del Mattino di Napoli: «Don Francesco di Borbone è morto, cristianamente, in un piccolo paese alpino, rendendo a Dio l’anima tribolata ma serena. Giammai principe sopportò le avversità della fortuna con la fermezza silenziosa e la dignità di Francesco II. (...) Galantuomo come uomo e gentiluomo come principe, ecco il ritratto di Don Francesco di Borbone».
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