Lucinda Riley: «Ho una grande idea per una nuova saga»
Ci porta dai grattacieli di New York alle pianure del Kenya degli anni '40 Lucinda Riley nelle oltre 900 pagine de «La ragazza del sole», sesto capitolo della saga delle Sette Sorelle, di cui è protagonista la modella di colore Electra, in libreria per Giunti.
E mentre la saga bestseller, basata sul mito della costellazione delle Pleiadi, che diventerà una serie tv prodotta da Hollywood, si avvia verso la fine, la scrittrice, che con i suoi romanzi ha venduto oltre 20 milioni di copie nel mondo, oltre un milione in Italia, e vola subito in testa alle classifiche, sta pensando a una nuova serie. «Ho una grande idea per una nuova saga, ma prima di svilupparla ulteriormente, voglio concentrarmi su «Le sette sorelle». Le loro storie e la trama complessiva che attraversa tutti i libri sono state la mia vita per sette anni. Potrei dover andare in terapia una volta terminata perché sarà come perdere i miei migliori amici!» dice all'Ansa la Riley che ha iniziato la sua carriera come attrice per il cinema, il teatro e la tv e ha pubblicato il suo primo libro a 24 anni.
«Quando ho iniziato a scrivere «La ragazza del sole» mi sono tuffata direttamente dentro la vita caotica di Electra. La sua voce è arrivata senza difficoltà. Mi preoccupava che i lettori potessero trovarla sgradevole dato che di lei, nei libri precedenti, avevamo intravisto solo alcune cose: che è una donna facile all'ira, che ha problemi di droga e alcol ed è una affermata top model. Ho deciso di non celare nessuno di questi aspetti negativi e di mostrare il suo percorso di scoperta di sé e riabilitazione e di come sia riuscita gradualmente a circondarsi di amici veri che tengono a lei» spiega l'autrice che è nata in Irlanda. «Credo che molti lettori saranno capaci di comprendere bene la sua solitudine e quindi che l'abuso di alcol e droghe era solo un modo di affrontare, di attenuare il dolore nel suo cuore. Io adoro Electra: è divertente, imperfetta e intensamente passionale. Spero che i miei lettori la amino quanto me» aggiunge.
La scrittrice racconta anche di aver sempre voluto esplorare l'Africa e di essere stata «attratta dal Kenya dopo la visione di «Misfatto bianco», un film emblematico con Greta Scacchi, John Hurt, e Charles Dance. Ero affascinata dalla vita decadente dei ricchi coloni che fecero della «Happy Valley» il loro paese dei balocchi. Mi intrigava anche la complessa relazione tra le varie etnie che vivevano una accanto all'altra: i coloni bianchi, i Maasai, i Kikuyu, i Somali e gli Indiani. Lo studio dei Maasai è stato impegnativo ma volevo evitare di rappresentare la loro cultura come in una foto turistica. Ho visitato il Centro di Studi africani e orientali a Londra e ho trovato ritratti della loro cultura. Poi io stessa sono andata in Kenya, e dopo vari incontri con la popolazione locale ho incominciato a capire il loro amore e rispetto per la terra e la relazione simbiotica che hanno con essa» dice la Riley che per il personaggio di Bill Forsythe si è ispirata «a Gilbert Colville, che usò la sua stretta relazione con i Maasai per diventare il più ricco allevatore di bestiame in Kenya» dice.
Electra D'Aplièse, la più giovane delle sette sorelle, non sembra aver superato il dolore per la morte del padre e da quando è stata mollata dal fidanzato si rifugia in alcol e droghe. Ma Stella Jackson, noto avvocato impegnato nella difesa dei diritti umani, tenta di contattarla in tutti i modi. E, proprio grazie ai suoi racconti, Electra scoprirà l'importanza di lottare per chi si ama.
La Riley sta lavorando anche alla serie tv delle Sette sorelle. «Sono molto coinvolta dal punto di vista creativo, lavoro con i produttori per scegliere il regista e gli sceneggiatori giusti. Avendo i personaggi ben chiari nella mia immaginazione, ho una visione ben precisa di come dovrebbe essere la serie» sottolinea. E del suo grande successo spiega: «Quando vedo i libri al numero uno in tutto il mondo mi sembra che stia succedendo a qualcun altro. Forse è perché sono madre di quattro figli e vedo quello come il mio lavoro principale. E poi perché adoro raccontare storie e mi sento la persona più fortunata del mondo a farlo ogni giorno. Successo o no, avrei scritto libri in ogni caso, perché è un bisogno dentro di me, è parte di ciò che sono» racconta la scrittrice.
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