L’outsider di Hauert al Teatro Grande: la danza dell’inconscio
Nella dimensione quasi sacrale della Sala Palcoscenico Borsoni, dove tutto si avvicina e si fa intimo, abbiamo assistito a «Troglodyte - Zaungast/Zaunkönig», la performance solista di arte e danza dello svizzero Thomas Hauert, storico volto della scena coreografia internazionale e fondatore della compagnia ZOO.
I punti cardinali della pièce
Lo spettacolo, coprodotto con il Teatro Grande e presentato per la prima volta in Italia, indaga un concetto psicologico particolarmente interessante: quello dell’outsider, l’ospite non gradito, colui che osserva la festa – la vita – da fuori.
Nel titolo troviamo espressi i punti cardinali per orientarci nella visione dello spettacolo: Zaungast: l’ospite che non è stato invitato, in tedesco, letteralmente «l’ospite del recinto». Zaunkönig: lo scricciolo – il piccolo uccellino – la cui immagine proiettata su uno schermo diviene il fil rouge di tutta la performance. Sempre letteralmente, dal tedesco, lo scricciolo è «il re del recinto» ed è anche il re di tutti gli uccelli, secondo una favola celtica che Hauert racconta sul palco. Troglodyte: è l’uomo delle caverne, colui che è rozzo e non istruito.
Hauert indaga con i movimenti del suo corpo il mondo della psiche, dell’interiorità, delle emozioni e dell’inconscio come forza generatrice. Dapprima la danza è meccanica, sgraziata, a tratti folle ed euforica, per poi divenire via via sempre più misurata, ma senza mai trovare fluidità, senza mai uscire da quel recinto, metaforico e fisico, che Hauert racconta. E nella sua danza sembra tutto a un tratto che l’outsider diventi il cosmonauta, il pazzo, il bambino, l’uomo tra le stelle, il diverso e il lontano.
Citazioni da Dostoevskij
Lo spettacolo si conclude con una citazione tratta dalle «Memorie del sottosuolo» (in un chiaro riferimento alla caverna abitata dal troglodita) di Dostoevskij: «Ma la ragione non è che la ragione e non soddisfa che la capacità raziocinativa dell’uomo». E allo spettatore non resta che ascoltare per l’ultima volta il canto dello scricciolo, prima che anche quest’ultimo voli via dal suo ramo, in un cielo bianco. L’applauso finale è meritato e liberatorio.
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