L'iconica Africa Unite a Festa Radio: ma non è più tempo folle per il reggae
Africa Unite per (forse) 1500 persone, ieri sera. Più dell’ultima volta alla Festa di Radio Onda d’Urto (nel 2021, in periodo pandemico, si attestarono sulle 400 unità), ma è lampante come non sia più tempo di folle per il reggae, nemmeno se sale sul palco la band di categoria più longeva e iconica del panorama nazionale, finalmente a ranghi completi dopo una parentesi senza gli indispensabili fiati.
Il sound in levare è inconfondibile, cresciuto di qualità nell’arco di quattro decadi, ma sempre legato a doppia mandata alle sonorità giamaicane degli anni 70 e 80, mentre i testi continuano a stigmatizzare la guerra e le ingiustizie, cercando per contro bellezza nella solidarietà, nell’umanità, nel canto o, semplicemente, nella quotidianità. E certi pezzi - «La storia», «Sotto pressione», «Mentre fuori piove» (con le sue variazioni in rap e in rock), «Ruggine», «Uniformi»; ma anche quelli in inglese estratti da «People Pie» o il personale omaggio a Bob Marley - scaldano tuttora l’anima con il loro groove irresistibile.
In apertura si è esibito il redivivo Tonino Carotone (alias Antonio De La Cuesta, spagnolo di Burgos), che visse un ampio momento di popolarità tra fine anni Novanta e primi Duemila, con un repertorio revivalista ispirato agli anni 50 e 60 italiani: band di alto livello, cantante invece bollito (o forse solo ebbro), ma con empatia e presenza scenica intatte, che gli hanno garantito applausi a prescindere. Ma quello di Tonino resta un… «mondo difficile».
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