«Il lavoro forzato nel Terzo Reich», il libro in edicola con il GdB
Oltre 650mila Internati Militari Italiani furono deportati per diventare schiavi di Hitler e oltre 50mila morirono di fame, freddo e violenze, sfruttati come lavoratori forzati. Per riflettere su ciò che è stato e sul valore della memoria collettiva, dal 18 gennaio è in edicola «Il lavoro forzato nel Terzo Reich» di Silvia Pascale e Orlando Materassi (Editoriale Programma; pp. 128).
Il libro getta luce su una delle pagine più cupe della Seconda guerra mondiale, mettendo in evidenza il dramma dei soldati italiani deportati e costretti a lavorare per l’economia bellica nazista. Il volume è acquistabile con il Giornale di Brescia a 7,90 euro, più il prezzo del quotidiano.
La storia degli Internati Militari Italiani
Dopo l’8 settembre 1943, oltre 650mila soldati italiani furono catturati dalle forze nazifasciste. Definiti Internati Militari Italiani, vennero deportati, fatti prigionieri e costretti a svolgere lavori forzati. Privati della loro identità, venivano schedati, fotografati e ridotti a numeri, divenendo veri e propri «pezzi di ricambio» per le imprese del Reich. Oltre 50mila di loro non fecero mai ritorno, morendo di fame, freddo o per le violenze subite.
I prigionieri di guerra presi in Italia, in Francia, nella ex Jugosla-via e in Grecia furono oltre un milione, concentrati prima in campi provvisori e poi trasferiti lentamente verso i lager in Germania, in Austria e in Polonia. Lì venivano schedati, fotografati e ridotti a un numero: venivano privati della loro identità. Negli anni del nazismo più di 2mila aziende tedesche hanno beneficiato del lavoro forzato. Nessuna città esclusa.
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