Cultura

Metafore e i libri consigliati dalla redazione del GdB a luglio

La Redazione Web
Un saggio che racconta la filosofia con immagini, due romanzi e ancora Giorgio Faletti, a dieci anni dalla sua scomparsa
Una ragazza legge a bordo piscina
Una ragazza legge a bordo piscina
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Chi lo ha detto che la filosofia non può essere raccontata con immagini? Hanno tentato l’esperimento tre autori in un saggio snello dal titolo «Metafore», che vi proponiamo qui tra i libri rencensiti dalle redattrici e dai redattori del Giornale di Brescia per luglio.

Trovate poi due romanzi e il ricordo di un autore italiano che ha fatto la storia del giallo italiano. Qui invece trovate i libri consigliati a giugno.

«Metafora. La storia della filosofia in 24 immagini»

di Pedro Alcalde, Merlin Alcalde, Guim Tió

La copertina di Metafora
La copertina di Metafora

(Ippocampo, 2024, pp. 65, euro 15)

Che cos’hanno in comune un rasoio, una caverna e un fiume? Niente, si dirà. Invece sono tutte metafore usate da grandi filosofi. Nella storia del pensiero alcune parole hanno assunto di volta in volta significati diversi rispetto a quello letterale: sono diventati metafore, appunto, per illustrare concetti e dottrine. «Metafora» è anche il titolo del bel volume illustrato edito da Ippocampo, un album raffinato e innovativo che ripercorre 24 tappe fondamentali del pensiero umano attraverso testi di Pedro e Merlin Alcalde.

Le idee che hanno descritto (e cambiato) il mondo si animano nelle evocative tavole dell’artista catalano Guim Tió: disegni delicati e sognanti che nella loro purezza invitano alla riflessione. «Non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume», recita il celebre frammento di Eraclito. Ecco il fiume. «Immaginate di trovarvi in una profonda caverna», scrive Platone nella Repubblica, introducendo il celebre mito. Lo slittamento «da una parola o un enunciato concettuale, e quindi intangibile, a qualcosa che possiamo vedere», ci immerge «nel mare del sensibile». Un mare che possiamo attraversare pagina dopo pagina per (ri)approdare infine al porto sicuro del concetto.

(Marco Tedoldi, redazione Cronaca)

«Tu sei qui»

di David Nicholls

La copertina di Tu sei qui
La copertina di Tu sei qui

(traduzione di Scilla Forti, Neri Pozza Editore, 2024, pp. 384, euro 20)

A 14 anni dal grande successo di «One day», da cui è stata recentemente tratta anche una fortunata serie Netflix, David Nicholls torna in libreria con il suo sesto romanzo «Tu sei qui».

Protagonisti questa volta sono Marnie e Michael, che come Emma e Dexter trovano se stessi (e l'amore) a 40 anni. L'occasione è il viaggio coast to coast, a piedi, attraverso la campagna inglese, organizzato da un'amica in comune. Un cammino di 300 km, che non è solo la cornice, ma che è parte stessa del racconto: metafora della costruzione di un amore nell'età delle seconde possibilità, quando Marnie e Micheal si ritrovano a fare i conti con le rispettive solitudini.

Se per la 38enne, correttrice di bozze, si tratta dell'illusione di bastare a se stessa, convinta che la solitudine sia indipendenza e libertà, per il 42enne insegnante di geografia con un matrimonio fallito alle spalle, le cicatrici di una brutale aggressione e il rimpianto di non essere diventato padre, la solitudine è piuttosto un isolamento autoimposto. Per proteggersi e curarsi.

Tra imprevisti di viaggio, risate, provocazioni e molta ironia, tappa dopo tappa i due si ritroveranno a scambiarsi confidenze e, scavando l'uno nel passato dell'altra, acquisiranno quella consapevolezza necessaria per fare pace con sé stessi e concedersi un'altra possibilità.

Un racconto che si sviluppa attraverso lunghi dialoghi, utili anche a caratterizzare i personaggi, ai quali non manca mai spirito e sarcasmo. E anche se Nicholls lo ha definito «il romanzo più divertente che abbia mai scritto», «Tu sei qui» è un libro che scava tanto nell'animo dei protagonisti quanto in quello del pubblico, costringendo tutti a fare i conti tra aspirazioni e realtà, successi e fallimenti di ogni età. «Tu sei qui» titola Nicholls, alludendo ad un punto imprecisato della vita del lettore, a cui implicitamente sembra chiedere: «Ti sta bene?».

(Clara Piantoni, redazione Teletutto)

«Nel segno della falena»

di Erminia Dell’Oro

La copertina di Nel segno della falena
La copertina di Nel segno della falena

(La Tartaruga, Milano, 2021, pp. 208, euro 18, ebook 9,99 euro)

La narrativa italiana recente non ha mancato di dedicare rinnovata attenzione alla storia coloniale italiana, a lungo oscurata nel sentimento nazionale nel tentativo di rimozione delle responsabilità e degli orrori di cui anche il nostro Paese si macchiò prima e dopo il fascismo in terra d’Africa. E se negli ultimi decenni la ricerca storica di Angelo Del Boca prima e più di recente di Nicola Labanca hanno aperto squarci sulla dominazione coloniale in particolare nell’Africa Orientale, non sorprende che una certa vivacità editoriale abbia rideclinato una ritrovata coscienza critica che supera lo stereotipo fallace degli «italiani brava gente» anche nelle forme del noir e del giallo.

Tra i tentativi più o meno riusciti e documentati, vale la pena ricordare «L’ottava vibrazione» di Carlo Lucarelli e la serie del maggiore Morosini di Giorgio Ballario. Un caso a sé invece rappresenta «Nel segno della falena» di Erminia Dell'Oro, autrice italiana di natali eritrei, che dopo aver affidato al precedente «Asmara, addio» la sua storia di profuga della storia costretta al rimpatrio in una patria che mai aveva conosciuta, indaga qui nelle forme del giallo i postumi della colonizzazione italiana nell'Eritrea degli anni Settanta.

In un tempo sospeso, tra annessione all'Etiopia e dilagare della guerra contro i soldati del Derg di Addis Abeba, Asmara appare una città immota, ancora italiana e separata dal resto della capitale, quella povera e figlia di una segregazione urbanistica avviata ancor prima dell'avvento del fascismo. Una serie di delitti tocca la comunità italiana (e meticcia) della città sull'altopiano, con un doppio che scorre in parallelo nella narrazione nella Milano del 2003. Cosa lega l'assassinio di una giovane infermiera italo-eritrea avvenuto ad Asmara nel 1970 con quello di un noto e ormai anziano giornalista strangolato sotto casa in una rovente estate medeghina di inizio millennio? E come si colloca il tentato assassinio di un giovane di buona famiglia emigrato in Eritrea con il sogno un po' borghese di educare attraverso la musica nelle trame imperscrutabili di un omicida che agisce nel segno della falena, magnifico insetto notturno che ricorre come simbolo di morte?

Proveranno a stabilirlo gli investigatori che si succederanno sul caso del noto giornalista – appassionati fino all'apparire, manco a dirlo, letterari – e la curiosità di un ex docente del liceo di Asmara che di parte dei delitti aveva fatto narrativa. Quasi un gioco di specchi in cui l'eco di fenomeni come il madamato, il meticciato volutamente occultato e altri cascami dell'Africa Orientale Italiana, è molto più di un contorno. Anzi, l'impianto del romanzo (che come pecca sconta una quantità di personaggi forse esuberante e non sempre approfondita) appare quasi un pretesto per raccontare come molte pecche della colonia primigenia permasero invariate almeno fino alla grande diaspora che a metà degli anni Settanta vide la comunità italiana abbandonare quasi in toto l'antica quarta sponda tra la minaccia di una guerra sempre più violenta.

(Gianluca Gallinari, caporedattore)

Faletti, ancora

La copertina di Io uccido
La copertina di Io uccido

Sono passati 10 anni da quando Giorgio Faletti è morto e io non posso fare altro che domandarmi, quando vedo i suoi libri sulla mia libreria, cosa avrebbe potuto regalarci se non se lo fosse portato via la malattia. Attore, comico, autore di canzoni, romanziere e giallista, Faletti ha lasciato un grande vuoto. Ecco perché voglio lanciarvi una sfida, quella di portarvi in vacanza «Io uccido», il suo primo romanzo. Un giallo perfetto; già pronto, ci ho pensato fin da subito, per il cinema, con scene ben descritte, tempi serratissimi e colpi di scena fino all’ultima riga.

Uscito nel 2002 e subito diventato un caso letterario (5 milioni di copie vendute), lo acquistai in un autogrill sulla scorta di questa ondata di consensi, ma lo abbandonai alla trentesima pagina (forse non ero pronta), lo ripresi in mano mesi dopo e lo finì in pochi giorni nonostante le 682 pagine. Ero stata folgorata.

Tutto comincia con una chiamata a radio Monte Carlo durante la quale uno sconosciuto rivela di essere un assassino. Il giorno dopo un pilota e la sua compagna vengono trovati mutilati. Seguono altri delitti, telefonate, tracce. Tutto al cardiopalma.

Faletti ha poi pubblicato «Niente di vero tranne gli occhi», «Fuori da un evidente destino», «Pochi inutili nascondigli», «Io sono Dio» e «Appunti di un venditore di donne». Per chi non ama i gialli consiglio «Tre atti e due tempi», una storia di calcio e umanità. Ah sì, il morto c’è comunque.

(Elisa Rossi, redazione Cronaca)

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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