«Lettere a Nour per mattatore e giovane attrice»
Mentre a Mosca lavora ad un allestimento goldoniano con attori russi, a Brescia propone con «Lettere a Nour» uno sguardo all’interno dei contrasti che agitano il mondo arabo. Giorgio Sangati è il regista dello spettacolo, prodotto dal Centro Teatrale Bresciano con Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro de Gli Incamminati, in collaborazione con Ravenna Festival, in scena al Teatro Mina Mezzadri, contrada S. Chiara 50/a, fino a domenica.
Le repliche serali sono sempre previste con inizio alle 20.30 e allo spettacolo domenicale delle 15.30 si aggiunge la replica straordinaria pomeridiana di sabato (15,30).
Nel testo di Rachid Benzine, islamologo francese di origine marocchina, si confrontano le due scelte opposte di un padre e di una figlia, che in scena affiancano Franco Branciaroli e Marina Occhionero. «Il padre, studioso del Corano, ha cercato di passare alla figlia valori di apertura - spiega Sangati -, ma nel rapporto educativo in assenza della madre è venuto a mancare il confronto con la violenza, il dolore, la morte: esperienze irrazionali, che la figlia ricerca arruolandosi nelle falangi dell’Isis. Lo spettacolo è la storia di un confronto e di un incontro, che avviene forse per la prima volta, attraverso le lettere».
Una sfida duplice, per il giovane regista: portare in scena un racconto epistolare, mettendo a confronto un attore di grande esperienza e un’interprete agli esordi. «Ho cercato - spiega - di immaginare come padre e figlia vivono la ricezione delle lettere, in modo diverso: al padre seduto in poltrona arrivano come una visita o un messaggio in bottiglia, da un luogo sconosciuto. Cerca di risentire la voce della figlia, che a volte aggredisce e a volte accarezza. Ho cercato di trasformare il limite in opportunità di ascolto e risposta. Tra Branciaroli e Marina Occhionero l’incontro, non semplice, è stato più che fruttuoso. Se il teatro fosse una religione, Branciaroli sarebbe il pontefice, o un vescovo. Nour ha vent’anni, come l’attrice: la distanza equivale a quella tra lei e il padre. C’è un incontro tra due generazioni teatrali, che in fondo scoprono di potersi contagiare».
Ideali condivisi possono portare su strade opposte, come è avvenuto in Italia negli anni ’70. «Entrambi credono che il mondo possa cambiare. Il padre ha come riferimento le primavere arabe, in realtà parzialmente fallite nella speranza di andare verso la democrazia con aperture all’Occidente. La figlia si affida alla ribellione, ma quel che trova è la negazione totale dei principi di egualitarismo e di purezza virtuosa, scopre che l’idealismo dell’Isis è una chimera. La differenza tra i due è nel tasso di razionalità: il padre non l’ha mai abbandonata, mentre la figlia, come tutti i giovani, aspira a un confronto più bruciante. Il suo è una sorta di viaggio per ritrovare se stessa e sarà molto alto il prezzo. È una vicenda con implicazioni profonde, che va oltre il presente e diventa universale. Ci dice che la storia è fatta anche di biografie individuali. Ci invita ad esser pronti a scoprire che le cose sono molto più complesse di come ci appaiono». Info: www.centroteatralebresciano.it.
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