L'energia e i racconti di Letizia Battaglia per il Photo Festival
Letizia Battaglia è una vera forza della natura: unica donna, in un mondo di uomini, a raccontare la lotta alla mafia (e le stragi) per «L'Ora», non ha certo perso l'energia con il passare degli anni.
Tiene banco per più di un'ora, quasi in solitaria, e rapisce i numerosi appassionati di fotografia arrivati in Università Cattolica per uno dei tanti appuntamenti del Brescia Photo Festival.
E lei è la vera mattatrice: gestisce la sua intervista e chiede anche a Renato Corsini di farle alcune domande, con una simpatia che ha strappato più di una risata. E poi è lei a prendere in mano la situazione e ad intervistare Gianni Berengo Gardin, con leggerezza, ma senza essere scontata.
Ricorda, fa commuovere e riflettere la fotografa che con i suoi scatti ha segnato un’epoca. Lei che scatta solo in bianco e nero, prima per obbligo, ora per scelta perché è «elegante, essenziale e asciutto».
Con naturalezza ricorda la sua carriera di fotoreporter, gli scatti delle stragi di mafia, la sua Sicilia, il reportage sul manicomio di Palermo. Dà lezioni di storia («Eravamo – dice – testimoni. Non è stato fare solo fotografie») e di vita («che può offrire cose belle e alla quale essere sempre riconoscenti») e ovviamente di fotografia: «per me – dice – la tecnica non esiste, non la capisco. Non credo sia importante. Per altri fotografi sì: io ho 100 foto schifose e una carina». E ancora: «Io voglio che le mie foto siano drammatiche, anche se raccontano una cosa lieve».
Ora si dedica al nudo femminile, ritrae donne palermitane a Palermo. E vuole avere almeno una trentina di scatti per farne lì una mostra «per dare così uno schiaffo a voi uomini» dice con aria di chi ama le sfide.
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