Cultura

Le liti con i figli, l'amore e la passione per l'Italia: le 1900 lettere di Alessandro Manzoni

Sono contenute in un nuovo volume appena uscito per Rizzoli. Ne abbiamo parlato con il curatore Pierantonio Frare
Un ritratto dello scrittore Alessandro Manzoni
Un ritratto dello scrittore Alessandro Manzoni
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«Non ti basta il poco, e lo diminuisci! Abborri la mediocrità, e fai di tutto per prepararti la miseria! Disprezzo e rovina! Dolore di chi ti vuol bene, e compiacenza di chi ti può esser nemico; oh Filippo! è questo lo scopo de’ tuoi desideri?»; «Enrico! Ho ottantacinque anni; e tu stesso dovresti essere contento di compensare, col lasciarmi morire in pace, il non avermi lasciato vivere in pace per tanti anni...»; «Pietro, non puoi sapere a che segno è arrivata la mia malattia (o monomania) anti epistolare. Il solo pensiero d’avere una lettera che, non essendo positivamente necessaria, non si presenta come una forma immediata, e richiesta direttamente dalla cosa, mi basta per tenermi sospeso per molti giorni, senza poter fare né quella né altro».

Sono alcuni stralci delle lettere che Alessandro Manzoni (Milano, 7 marzo 1785 – 22 maggio 1873) scrisse a tre dei cinque figli vissuti abbastanza per avere scambi epistolari, e che furono scansafatiche e spendaccioni, imprenditori sciagurati (lo portarono persino in tribunale) e lo tempestavano di richieste di soldi, di cibo e di legna da ardere, rendendo tribolata la sua vecchiaia. Le oltre 1900 lettere selezionate scritte nell’arco di settant’anni (la prima risalente al 1814 è indirizzata a Claude Fauriel) e contenute in «Lettere d’amore, d’amicizia e d’altre cose» (Bur-Rizzoli, 408 pagine, 15 euro; prefazione di Edoardo Albinati; introduzione e cura di Pierantonio Frare) sono divise in quattro parti: «Il Manzoni innamorato: la scoperta e la felicità dell’amore»; «Gioie e tribolazioni di un padre di famiglia»; «Le consolazioni dell’amicizia» e «Una lunga passione per l’Italia».

Al marito innamorato si sovrappone il padre angosciato e premuroso, il gentiluomo piuttosto schivo che tende sempre un po’ a celarsi, a non esporsi fra i grandi della storia e della letteratura, di cui pure è uno dei principali protagonisti. «A scuola ci avevano fatto prendere Manzoni per una specie di secondo Dante, un padre della patria e della lingua italiana» dice il curatore Pierantonio Frare, docente di Letteratura italiana nella facoltà di Scienze della formazione all’Università Cattolica di Milano: «Lo avevamo scambiato per un eroe risorgimentale, come quelli che popolano le nostre piazze e danno il nome alle strade; e invece, dopo aver letto queste lettere, lo scopriamo languido, nevrotico, riluttante, "utopista e irresoluto" (lui stesso si definisce così), balbuziente, e nel momento di affrontare decisioni cruciali pronto a negare tutto, ma incapace di proporre alcunché, affetto da una timidezza paralizzante».

Queste lettere ci fanno scoprire un Manzoni in balia della vita?

Manzoni è un uomo che affronta la vita in tutti i suoi aspetti, che non va a cercarsi guai, ma che quando i guai arrivano li affronta con le armi che ha a disposizione, soprattutto quella più forte che lo sostiene anche nei momenti peggiori: la fiducia in Dio. A parte tutto, i dispiaceri di tipo politico, le crisi di angoscia e di ansia che lo assalgono gli rendono impossibile lavorare. E invece di una reazione isterica, semplicemente aspetta fiducioso che le cose passino.

Lagnarsi spesso dei suoi mali era un modo di chiedere più rispetto e comprensione?

Non so se il suo sia un tono particolarmente lamentoso, ma direi che nei rapporti con i familiari sia una costante per tutti lamentarsi dei propri mali. Forse è una forma di condivisione. Più che di difesa e attenuazione dei mali, si tratta anche di ripararsi dalle sofferenze che infligge la vita. Non dimentichiamo che a Manzoni è morta ancora giovane una moglie che amava tantissimo, poi sono morti la figlia primogenita e altri figli: è uno che ha conosciuto tanti lutti, tanti dolori.

Religione e patria, come scrisse ad un giovane Edmondo De Amicis, furono per lui verità irrinunciabili?

La Patria per Manzoni è patriottismo e non è nazionalismo. Afferma di essere cosmopolita cristiano e dice chiaramente che per amare la propria patria non è necessario odiare le patrie degli altri. Il suo non è un nazionalismo che si impone a scapito delle altre nazioni. È amore per la propria patria che non impedisce di amare anche le patrie degli altri.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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