«Le analogie tra vino e musica diventano composizioni»
Metà Dioniso e mezzo Apollo. Imprenditore chitarrista. Compositore vignaiolo. La sua musica tende a scenari misteriosi per raccogliere dal creato poesia, profumi e storia. Il suo vino ti cattura con sommessi toni cameristici per condurti a risonanze sinfoniche. Il desenzanese Luca Formentini ha suonato in Europa, Stati Uniti e Giappone, e collaborato Holger Czukay (Germania), Frank Vigroux (Francia), Steve Jansen e Theo Travis (Regno Unito), Rick Walker (Usa), Tellef Ogrim (Norvegia). Ha prodotto cinque album in solo e diversi altri in ensemble. Dirige l’azienda Podere Selva Capuzza (300mila bottiglie, 34 ettari di viti, altri 5 fra bosco, prati, oliveti, tartufaie), è stato presidente del Consorzio per la tutela del Lugana nel mondo.
Musica e vino
Come stanno insieme vino e musica?
«Li accomuna l’aspetto percettivo –sensoriale. Il vino è informe, «astratto», ma attiva sensazioni, memorie, reazioni (emotive, olfattive, gustative, relazionali, sociali): in maniera analoga la musica. Costringe a immergersi nell’ambiente, nella natura, nella propria interiorità: così le mie composizioni. A lungo ho mantenuto separati questi campi perché tale doppia anima confondeva gli interlocutori. Indago le mille possibilità emozionali del suono. Amo assistere alla trasformazione delle cose e delle verità, seguire il fluire del tempo, dipingere paesaggi onirici e surreali».
Come ha incontrato la musica?
«Ho iniziato a comporre a 15 anni, intorno ai 16 ho formato i Modus Vivendi con Francesco Renga (prima che passasse ai Timoria). Più tardi ho iniziato a lavorare sul suono: l’attimo prima che diventi musica. Registrazioni ambientali, sperimentazioni, manipolazioni del timbro, un fluire ininterrotto. Da oltre 15 anni collaboro con Stefano Castagna, titolare di uno dei più importanti studi di registrazione del Nord. Con lui, dieci anni fa, ho dato vita al progetto Flos, basato sull’utilizzo di strumenti sonori creati da materiali riciclati. Da tempo sono amico di Mario Piavoli: nel corto «Il suono del mio passo» ha usato mie musiche, con stupefacente sintonia».
Progetti?
«A breve esce un mio album in duo con Markus Stockhausen, figlio di Karlheinz, e all’inizio del 2023 sarà pubblicato in USA un cd con alcuni dei più importanti musicisti di ambient music al mondo. In varie gallerie ho anche esposto «Art Spaces», video installazione nata dalla mia frequentazione dei musei di arte contemporanea: lì vi ho registrato rumori d’ambiente e silenzi dei visitatori, mentre attraversano le sale - il MoMa e il Guggenheim di New York, la Tate di Londra, l’MCA di Chicago e molti altri - : dalla silenziosa contemplazione davanti alle opere di Rothko ai vivaci brusii innescati dall’arte concettuale–informale degli anni ’70/80. Ho sonorizzato i diversi segnali di presenza, in un cortocircuito distopico. Un dialogo fra spazi e uomini che incontrano la loro individualità profonda. Un contrappunto a più voci, con intenzionali disallineamenti e sfasature, per considerare nuovi possibili equilibri. Uno sbilanciamento per riprendere consapevolezza di noi stessi».
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