L'avventura degli Oregon Trees: «Con LP quattro live da sogno»
Quanto hai desiderato salire quei gradini, fin lassù, sotto le luci che ti ubriacano di emozione. Meno un minuto, meno trenta secondi.
«Metti piede sul palco e smetti di respirare per qualche secondo. Poi suoni il primo accordo e allora non vorresti scendere mai più».
È un sogno profumato di abeti del Nord America, di legno degli alberi e delle chitarre. Un sogno pieno di gioventù forti e vivaci come le cascate gelide dei torrenti. Il viaggio onirico di quattro notti d’estate è realtà. A raccontarlo è Andrea Piantoni, voce e chitarra del binomio Oregon Trees. Il duo bresciano, completato dal batterista Stefano Borgognoni, si è guadagnato le aperture del tour italiano di LP, cantautrice statunitense di origini italiane. Una di queste, lo scorso 26 luglio, al Vittoriale di Gardone Riviera, sold-out che, stando alle richieste, avrebbe potuto vendere il quintuplo dei biglietti disponibili.
«È stato un fulmine a ciel sereno», spiega Andrea. Ecco com’è andata: il loro ep d’esordio, «Hoka Hey», un pugno di canzoni indie-folk pure e oneste, è passato nelle mani di Adolfo e Andrea Galli per arrivare al management di LP che ha convocato i due bresciani - accompagnati dal vivo da Michele Poncio Belleri al basso - per due opening, a Torino e Gardone, ai quali si sono aggiunte le date di Napoli e Pescara.
«Avere un’opportunità del genere è stato un sogno, non ci era mai capitato di poter vivere dei concerti di questa importanza da un’altra prospettiva - continua -. Inizialmente eravamo preoccupati: volevamo prendere la gente, creare qualcosa di accattivante. E il pubblico ha risposto, ha partecipato, non facendoci sentire semplicemente la band di spalla, un passatempo in attesa dell’artista principale».
Anche nel backstage il clima è sempre stato familiare. «Abbiamo cercato di non essere invadenti - aggiunge - ed LP è stata davvero splendida, disponibile e umile. Ci ha aiutati molto, le siamo piaciuti. Ci siamo salutati con la promessa di rivederci presto, magari negli Stati Uniti».
In questo periodo la band sta lavorando a nuovi brani, allargando orizzonti sonori e possibilità strumentali. Dalla radice di «No one», l’ep solista che due anni fa Andrea ha pubblicato con il nome Anam - prodotto da Paolo Salvarani e Valerio Gaffurini - è germogliato «Hoka Hey». Ora i rami dei giovani alberi dell’Oregon stanno prendendo sfumature inattese. Sentieri sconosciuti e ancora da scoprire nelle montagne vicino a casa. «La nostra chioma si infoltisce sempre più di foglie che ci sostengono e ci aiutano a crescere. Alcuni fallimenti hanno indurito la nostra corteccia, che adesso ci protegge dai pericoli - scrive su Facebook la band -. In un gruppo la cosa più importante è l’unione. Essere uniti dà un obiettivo. Questo significa essere una famiglia. Ed è quello che in questi mesi siamo diventati».
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