Cultura

L’astrofisico Peri: «Siamo fatti della materia delle stelle: l’Universo ci chiede di dare luce»

Lo spettacolo «Planetario» porta alla scoperta di meraviglie e misteri del cosmo, viaggi interstellari ed esplorazioni spaziali
La suggestiva scenografia dello spettacolo «Planetario» -  Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
La suggestiva scenografia dello spettacolo «Planetario» - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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Alla scoperta dell’universo per capire di più il nostro pianeta, scrutando il cielo per imparare a guardare dentro di noi. Venerdì 15 settembre, alle 21, il Festival LeXGiornate ospiterà lo spettacolo «Planetario» nell’Auditorium San Barnaba di Corso Magenta, a Brescia.

Lo show nasce dal progetto di musica per conferenze scientifiche ideato dai Deproducers, collettivo che riunisce quattro superproduttori della scena musicale italiana come Vittorio Cosma, Gianni Maroccolo, Max Casacci e Riccardo Sinigallia, e rappresenta il primo capitolo di una particolare enciclopedia, seguìto nel corso degli anni da «Botanica» e «DNA». A guidare il pubblico (e il quartetto) in questo viaggio alla scoperta di meraviglie e misteri del cosmo, viaggi interstellari ed esplorazioni spaziali, del legame indissolubile, scientifico e poetico, tra l’uomo e le stelle, ci penserà lo scienziato - frontman Fabio Peri. «Non si direbbe ma molti fisici sono anche musicisti. La stessa Fabiola Gianotti, direttrice del Cern a Ginevra, è pianista» racconta divertito l’astrofisico, direttore del Planetario di Milano ma anche musicista e diplomato in pianoforte, ibrido perfetto per un progetto di questo tipo».

«Dev’esserci un legame profondo tra le due discipline, infatti nel Medioevo si studiavano insieme. C’è affinità nella ricerca dell’armonia, delle leggi che regolano le cose, nella disciplina richiesta perché sono due materie da cui non si ricava niente senza studio. Ma forse la caratteristica più preziosa che mette in relazione i due ambiti è la ricerca di qualcosa di bello da poter scoprire e comunicare agli altri. Un musicista che non si fa ascoltare non è completo, proprio come un ricercatore che non pubblica nulla».

Lo spettacolo sarà accompagnato da immagini originali concesse dall’ESA, dalla visual art di Marino Capitanio e dalle scenografie di Peter Bottazzi. Il prezzo del biglietto d’ingresso è di 25 euro.

In «Planetario» lei ricorda che «siamo fatti della stessa materia di cui sono fatte le stelle». Un concetto poetico ma anche scientifico. Cosa ci insegna questa frase?

Che non siamo i dominatori dell’universo ma ne siamo parte. La nostra terra è un granellino di polvere se la si guarda con gli occhi di un astronomo, a volte però ci sentiamo troppo grandi e sembra che tutto debba girare intorno a noi. Siamo fatti della stessa materia delle stelle e penso che forse a volte dovremmo condividere il loro compito: producono luce e calore, il sole ci dà la vita. Sarebbe bello se fossimo capaci allo stesso modo di dare luce, calore e vita a chi abbiamo intorno. Forse è questo l’incarico che l’universo ci dà. Siamo uno dei suoi tanti frammenti, ma uno pensante, che può fare e interagire con i propri fratelli e sorelle; stelle, pianeti e galassie.

Al di là del progetto con i Deproducers, lei è molto impegnato nell’attività divulgativa. Perché è importante far conoscere l’astronomia al pubblico?

Innanzitutto perché è molto bella ed affascinante e mi piace condividere una passione. Questa è la molla fondamentale. Poi nel mondo e in Italia, nessuno si vergogna mai di dire che non ha capito nulla di matematica o fisica, guai invece a confessare la stessa cosa di Dante o dei Promessi Sposi. È una tristezza, abbiamo sia una componente letteraria sia una scientifica. Serve ristabilire un equilibrio giusto, la scienza è raccontabile e condivisibile, non è solo una cosa astratta lasciata a pochi eletti e la diversa prospettiva che offre è importante per capire il mondo in cui viviamo. La speranza è che comprendere quanto è minuscola la terra rispetto all’universo porti l’umanità a trattarla bene. Questo è anche il finale di planetario: si ritorna sulla terra, l’unico pianeta che abbiamo e ci permette di vivere, non è infinita e non siamo ancora in grado di andare da altre parti. Questo pianeta va conservato bene, altrimenti non sarà la fine dell’universo o della vita ma sarà quella dell’umanità.

Cosa spera rimanga agli spettatori al termine della serata?

Il divertimento e l’emozione di uno spettacolo in cui avranno ascoltato buona musica e imparato qualcosa di più dell’universo in cui vivono. Magari anche scoprendo un po’ di passione per iniziare a guardare quello che c’è sopra di noi, che ci concentriamo troppo sulla terra e non alziamo più gli occhi al cielo a osservare le stelle.

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