La Strage di Piazza Loggia vista dai giovani: com’è «Io so»
«Io so i nomi dei responsabili», scriveva Pier Paolo Pasolini nel 1974, aggiungendo di non poterli dire in mancanza di prove ed indizi. Parte da quelle parole venate di pessimismo la rappresentazione inserita dal Ctb nella stagione di prosa, a cinquant’anni dalla strage di piazza della Loggia.
Lo spettacolo
«Io so. Inchiesta teatrale sulla strategia della tensione in Italia», percorso di ricerca messo in atto con il coinvolgimento di studiosi nati dopo quei fatti, ha trovato conclusioni meno amare nell’incontro di ieri pomeriggio, al termine della rappresentazione sul palcoscenico del Teatro Sociale. «Possiamo dire che Pasolini ha sbagliato e le lucciole che fanno da guida, di cui lamentava la scomparsa, sono tornate. Non dobbiamo mai perdere la fiducia», ha osservato Manlio Milani, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage, coinvolta nel progetto di approfondimento con altre realtà associative, giornalisti d’inchiesta e studiosi, l’Associazione culturale Terra Terra per la produzione e la Chiesa Valdese per il supporto con i fondi dell’8 per mille.
Le parole di Milani
«La strategia della tensione – ha rimarcato Milani – è strettamente collegata a una strategia d’impunità, che si basa sull’occultamento delle prove. Oggi sappiamo tutto e lo dobbiamo all’aver messo in discussione già la prima inchiesta, alla risposta di quei giorni con gli strumenti della democrazia e con il richiamo ai valori dell’antifascismo, della nostra Costituzione che è il frutto di tante culture. La violenza riguarda tutti» ha aggiunto soffermandosi sul presente: sulle contrapposizioni che riemergono e, di contro, sul lavoro compiuto a Brescia per la giustizia riparativa, che attiene alla necessaria «capacità di stare insieme».
Giacche diverse
Nella ricerca di un inquadramento storico, il testo di Davide Rigallo affida a Elena Ruzza, interprete e regista, il compito di rappresentare la generazione nata dopo quei fatti e il suo bisogno di approfondirli, perché la violenza lascia segni, nelle persone e nelle comunità, e perché i pericoli riemergono. Alle immagini che corrono sullo schermo fanno da contrappunto le parole di chi ha assunto in quei momenti responsabilità gravi, in un senso o in senso diverso.
L’attrice indossa di volta in volta la giacca del questore Guida, impegnato a sviare le indagini dopo la strage di piazza Fontana; dei politici Mariano Rumor e Paolo Emilio Taviani, consapevoli della spinta eversiva di destra a fronte di sollecitazioni a ridimensionare le libertà costituzionali in nome dell’ordine pubblico. Nella prospettiva storica si colgono le ragioni politiche: il disegno sotteso del golpe, preparato e favorito diffondendo paura attraverso lo scoppio delle bombe.
La proposta teatrale è un efficace esercizio di memoria: un impegno per il presente, secondo le sottolineature proposte dopo gli applausi, al termine della rappresentazione, da parte dell’autore del testo Davide Rigallo, dei giornalisti Claudio Geymonat e Gian Mario Gillio, della psicologa Stefania Barzan, di Giuseppe Giulietti per Articolo 21.
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