La solida carriera di Alessia Pintossi, la delicata vivacità di Giovanni Rossi
Musica, arte e fede. Spiritualità e bellezza sono di casa all’Istituto Paolo VI di Concesio e ancor più ieri, in occasione della consegna di un doppio riconoscimento: il premio «Paolo VI» all’artista Giovanni Rossi e il premio «Giulio e Giulio Bruno Togni» al soprano Alessia Pintossi.
La serata, realizzata nell’ambito delle iniziative promosse da Fondazione Tovini in ricordo di Giuseppe Camadini a dieci anni dalla scomparsa, dopo il benvenuto del presidente della Fondazione, Michele Bonetti, ha visto l’intervento del presidente dell’Opera per l’educazione cristiana Pierpaolo Camadini, che ha sottolineato «il costante impegno dell’Opera, a lungo sotto la guida sensibile del notaio Camadini, a favore delle nuove generazioni, per affrontare le sfide della modernità a partire da una comune coscienza sociale».
Il presidente dell’associazione Arte e Spiritualità, Giovanni Maria Seccamani Mazzoli, ha ricordato con le parole di Papa Giovanni Paolo II la capacità degli artisti di esprimere il mistero della fede, per evidenziare l’importanza della Collezione Paolo VI come luogo di crescita umana e spirituale.
Dopo gli interventi di Egidio Tempini, presidente della Fondazione Togni Cantoni Marca, e del presidente dell’Istituto Paolo VI don Angelo Maffeis - che hanno rimarcato l’attualità della lezione di Camadini, sintesi di fede religiosa e passione civile - all’artista Giovanni Rossi, più giovane vincitore di sempre, è stato consegnato il Premio "Paolo VI" per «la delicatezza e la vivacità linguistica», come recitano le motivazioni lette da Paolo Sacchini, direttore della Collezione. Paolo Bolpagni, direttore della Fondazione Ragghianti di Lucca, ha invece letto le motivazioni del premio consegnato al soprano Alessia Pintossi per «una carriera solida e già sbocciata, che non potrà che fiorire ulteriormente in futuro».
La cantante bresciana, accompagnata al pianoforte da Nicola Morello, si è poi esibita in un concerto tutto mozartiano, aperto dall’Exultate Jubilate K165. Pagina scritta per il castrato Venanzio Rauzzini, nasconde sotto il testo sacro i palpiti del melodramma, spingendo spesso la voce verso la tessitura acuta, con un virtuosismo che Alessia Pintossi ha illuminato di grazia e vivida espressività.
Dalla luce del Mozart sacro alle ombre del Mozart profano, il concerto è proseguito con la Fantasia per pianoforte K 475, di cui Morello ha evidenziato la tensione drammatica tra sezioni contemplative e il turbinare di una feroce inquietudine. La Pintossi ha chiuso il breve programma intonando due arie celebri: «Ecco il punto, o Vitellia... Non più di fiori», da «La clemenza di Tito» - resa con serena compostezza e robusto piglio drammatico - e «Crudele, ah no mio bene... Non mi dir bell’idol mio», aria dal «Don Giovanni», in cui la voce del soprano ha trovato tanto morbidezza quanto disinvolta agilità. Applausi convinti da tutti i presenti, ricompensati da un bis pucciniano, «O mio babbino caro».
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