La sfida di Nutini: più rock, meno rassicurante, con sound aggressivo
Quanto sia atteso il ritorno in Italia di Paolo Nutini dopo sette anni di assenza e quanto, a maggior ragione, lo sia il suo debutto nell’anfiteatro del Vittoriale lo dimostra la velocità da primato con cui sono stati bruciati i biglietti dell’appuntamento gardesano. Motivo per il quale non ci sono ticket disponibili per il live dell’artista scozzese che andrà in scena stasera nella dimora dannunziana (alle 21.15; info su www.anfiteatrodelvittoriale.it). L’affezione del pubblico italiano per il songwriter dalle origini tricolori (il padre è di ascendenze lucchesi) non è certo una novità, quanto conseguenza di un interesse crescente verso i suoi lavori, maturati dapprima in contesti indie ma ben presto interessati da una svolta mainstream.
Il cantante
La carriera artistica di Nutini nasce d’altronde per caso, come sovente capita: nel 2003 egli venne sorteggiato per esibirsi prima di un concittadino che aveva vinto l’edizione di quell’anno di «Fame Academy» della Bbc (corrispondente britannico del nostro «Amici»), e nell’occasione fu notato da Ken Nelson, produttore tra gli altri dei Coldplay, che gli propose delle collaborazioni. La gavetta è in principio svolta alla «vecchia maniera», cioè suonando nei locali di Londra, ma l’upgrade successivo (quello che si rivela infine decisivo) avviene con le modalità accelerate dello spettacolo in era digitale: un paio di suoi brani immessi in rete beneficiano di un passaparola virale, risultando tra i più scaricati del periodo e valendogli il pass per aprire i concerti di KT Tunstall e, soprattutto, di Amy Winehouse.
Lo stile
Pubblicando il suo album d’esordio, «These Streets», quando ancora non ha compiuto vent’anni, Nutini ottiene un immediato successo, anche fuori dal Regno Unito, ampliatosi nel corso degli anni. Gli assi cartesiani del suo stile sono: impostazione quasi da bluesman, associando la voce roca con la propensione a un sound caldo; attitudine da cantautore appassionato; tendenza a miscelare r&b contemporaneo e rock non troppo tirato con tratto vintage. Poco prolifico, Nutini esce nel 2009 con «Sunny Side Up», mentre nel 2014 è il momento di «Caustic Love», entrambi ben accolti dal pubblico internazionale e promossi in lunghi tour nei quali il musicista ha dimostrato di saper dare il meglio di sé in dimensione live. Negli anni successivi, Nutini ha peraltro staccato la spina ed è rimasto volutamente lontano dai riflettori, salvo riapparire con l’attenuarsi delle restrizioni sanitarie, sfornando una manciata di singoli (tra cui svetta «Lose It», canzonte tanto cupa quanto elettrizzante) che hanno anticipato il quarto ellepì della sua discografia, il torrenziale «Last Night in the Bittersweet». Uscito pochi giorni fa, mette in vetrina un Paolo Nutini più rock, meno rassicurante nei testi e più aggressivo a livello di sound, con rimandi sparsi ma efficaci (anche sul piano della pura interpretazione) a Peter Gabriel, Tom Waits, Elvis Costello, The National, Al Green. Valori aggiunti che confidiamo di ritrovare dal vivo
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato