La Resistenza bresciana rivive grazie a «Il ribelle»
«Non vi sono liberatori, solo uomini che si liberano». In queste parole di Teresio Olivelli c’è tutto lo spirito della Resistenza contro il nazifascismo. Quel giovane, tenace, coraggioso uomo - che la Chiesa cattolica ha dichiarato beato riconoscendone il martirio in un lager tedesco - fu tra i fondatori de «Il ribelle», un foglio clandestino uscito irregolarmente tra il 1944 e il 1945; «su quelle pagine sono raccolti nella forma più viva i fondamenti morali e ideali della Resistenza bresciana, intenta a combattere per liberarsi dal giogo degli oppressori ma anche a educare e far crescere le coscienze del popolo», come ha scritto Agape Nulli Quilleri, partigiana e ultima presidente delle Fiamme Verdi di Brescia ad aver vissuto quei tragici anni. Quei fogli sono ora nuovamente disponibili in formato cartaceo grazie a una ristampa anastatica; iniziativa promossa e realizzata dall’Associazione Fiamme Verdi di Brescia con il patrocinio del Comune di Brescia, della Provincia di Brescia e della Federazione italiana volontari per la libertà. La prima edizione di quei «fogli clandestini» risale a cinquant’anni fa, fu promossa dal Centro Stampa Asm pochi mesi dopo la strage di piazza Loggia del 1974.
Il pensiero ai giovani
«Nel più cupo momento degli anni di piombo, dalle pagine di quei fogli ingialliti usciva una luce di speranza - scrive nell’introduzione Alvaro Peli, attuale presidente delle Fiamme Verdi di Brescia -: una risposta chiara alla violenza devastante che la bomba del 28 maggio aveva incarnato, maciullando i corpi e dilaniando le coscienze della città medaglia d’argento al valor militare per la Resistenza e della sua comunità civile e democratica». Nel 2015 era arrivata una seconda ristampa, tirata in 5mila oggi praticamente esaurite, ne restano solo 13. E così anche in questo tempo dominato dal virtuale («Il ribelle» è ovviamente disponibile in formato digitale) si è sentita la necessità di offrire ai lettori - soprattutto ai giovani - la possibilità di leggere quelle pagine, ma anche di toccarle. Quei fogli che portavano speranza erano il frutto del lavoro (in che condizioni è facile immaginare) di persone che sono inscritte nel dna democratico bresciano, oltre al già citato Olivelli: Claudio Sartori, don Giuseppe Tedeschi, Enzo Petrini, Laura Bianchini, Franco Salvi, Carlo Bianchi, don Giacomo Vender e i padri della Pace Giulio Bevilacqua, Carlo Manziana, Paolo Caresana e Luigi Rinaldini.
Il volume è stato definito «un monumento parlante» della Resistenza bresciana; un volume che non viene venduto ma donato a chi ne fa richiesta, questo per non fare commercio su valori tanto alti. Per usare ancora le parole di Agape Nulli Quilleri: «Accanto al lavoro degli storici c’è la voce dei testimoni che, inesorabilmente, si assottiglia con il passare del tempo, ma non si spegne, perché può contare sulla continuità di altissime lezioni che ne perpetuano la vitalità».
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