La Pixar cita The Floating Piers in Coco, il nuovo capolavoro
Un ponte di colore arancione, sospeso, fluttuante, su cui migliaia di figure si spostano, in cammino per raggiungere l’altra sponda. Vi ricorda qualcosa? Se fossimo nel 2016 diremmo in automatico The Floating Piers, ma ora la suggestione è un’altra: il ponte che permette ai morti di raggiungere il regno dei vivi.
Lo si vede in questi giorni nel film Coco, il nuovo capolavoro della Pixar, il diciannovesimo titolo della casa di produzione che ha cambiato il mondo dell’animazione. E ormai chiamarli capolavori rischia di essere noioso, ma c’è poco da fare: dopo Toy Story, uscito ventidue anni fa, sono arrivate opere come Monsters & Co., Alla ricerca di Nemo, Ratatouille, Wall-E, Up, Toy Story 3, Inside Out, tutte inserite a pieno diritto nella categoria dell’ultra eccellenza.
Meriti passati della Pixar a parte, con il direttore creativo e regista premio Oscar John Lasseter che si è preso una pausa dopo essersi autoaccusato pubblicamente di «mancato di rispetto» con una serie di «passi falsi» nei confronti di alcuni collaboratori, o per meglio dire collaboratrici (la decisione è stata asssunta nel pieno del caso Weinstein, Lasseter è comunque produttore esecutivo di quest’ultimo film), Coco è un ulteriore e incredibile passo in avanti. Tratta un tema difficile come la morte senza l’effetto tragico tipo mamma di Bambi che viene uccisa e vai di lacrimoni e traumi irrisolti per i piccoli spettatori, ma ricordandoci quanto sono importanti i legami che manteniamo con le persone che non ci sono più. Il punto non è il dolore del distacco, ma la profondità (e la dolcezza, a un certo punto) del ricordo, nonché la ricchezza dell’eredità che ci è stata lasciata.
Il film, ambientato in Messico durante il Dia de Muertos, giorno dei defunti, ha come protagonista Miguel, un ragazzino di dodici anni che vuole diventare musicista nonostante l’opposizione della famiglia. Per realizzare il suo sogno (il tema scopri te stesso e fai ciò che ti piace davvero fare è ormai un classico della Pixar) affronta un viaggio nel regno dei morti. E qui entrano in gioco Christo e The Floating Piers: il direttore Lee Unkrich non lo cita tra le fonti di ispirazione, ma il ponte attraversato dai defunti per venire nell’aldiquà in occasione del Dia de Muertos ricorda molto la passerella vista sul lago d’Iseo. Christo diceva di avere scelto il color dalia, ma alla fine tutti abbiamo detto per comodità che era arancione. E arancione è proprio il ponte di Coco. Invece che di tessuto sostenuto da galleggianti, nel film la struttura è fatta di petali di fiori. Calendula, per la precisione. Quando Miguel e gli altri personaggi camminano sul ponte sembra di rivedere le migrazioni tra Sulzano, Montisola e l’isola di San Paolo.
Non è l’unico rimando artistico in un film visivamente ricchissimo: in scena appare anche Frida Kahlo con le sue opere inconfondibili. In questo caso, però, la citazione è esplicita e voluta. Nel caso di Christo si tratta di una suggestione. Che poi, ripensandoci, lo stesso The Floating Piers ricordava la strada di mattoni gialli del Mago di Oz. «Segui la strada dorata», dicevano i Munchkin a Dorothy. L’importante, al pari di quanto avviene in Coco, è sapere come ritornare indietro.
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