Jack DeJohnette, tuoni e tempesta jazz
Stridori dall’iperspazio. Materia incandescente, scorbutica. Dura da plasmare, come roccia lunare esposta alle tempeste scatenate dalle comete. Jack DeJohnette, Ravi Coltrane e Matthew Garrison irrompono nella notte di JazzOntheRoad sovvertendo ogni aspettativa mainstream a favore di un set minaccioso, enigmatico. Priva di qualunque... «improvvisazione di circostanza».
È un DeJohnette dall’aria corrucciata quello che si presenta davanti a una piazza Tebaldo Brusato piuttosto affollata. Prende posto dietro ai tamburi, stuzzica per qualche istante un drum pad mentre Garrison prende la rincorsa. E poi giù verso le improvvisazioni telluriche di «Atmosphere». Il drummer di Chicago scandisce il tempo evocando i rintocchi di una campana funebre. Garrison svisa nervoso, disarticola gli accordi mentre dal suo basso partono fragori sinistri. Tuoni e tempesta, cigolii e urla nel buio, frutto di una destrutturazione sistematica dell’ovvio.
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