Cultura

«Italo Calvino, la scrittura-avventura che getta sguardi sulla realtà»

Mario Barenghi, studioso ed esperto dell’autore, ne illustra l’attualità nel centenario della nascita
Italo Calvino
Italo Calvino
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Mario Barenghi parla al telefono dalle Scuderie del Quirinale, a Roma, dove si apre oggi la mostra «Favoloso Calvino», da lui curata per il centenario della nascita dello scrittore che ricorre dopodomani, domenica 15 ottobre.

Di Italo Calvino, Barenghi è uno degli studiosi più acuti: docente dell’Università Milano-Bicocca, è tra l’altro il curatore dei Meridiani Mondadori che ne raccolgono l’opera. Martedì 7 novembre alle 17.30 lo studioso sarà a Brescia, ospite della Fondazione Clementina Calzari Trebeschi, nel secondo di tre incontri promosso per rendere omaggio allo scrittore. Rifletterà sull’attualità di Calvino.

Professor Barenghi, in quanti modi Calvino è attuale?

La sua attualità è anzitutto un dato empirico, nel senso che questo centenario sta avendo una risonanza davvero inattesa. C’è stata una mobilitazione da parte di università, scuole superiori, enti locali, associazioni, biblioteche, con una quantità di iniziative sorprendente. Dal mio punto di vista, tra le ragioni dell’attualità di Calvino c’è il fatto che ha scritto opere molto diverse, proponendo una serie di sguardi sulla realtà, nessuno dei quali è esaustivo. La strategia di mettere a fuoco di volta in volta un problema, una prospettiva, un nodo esistenziale, lo rende particolarmente duttile, adattabile a contesti differenti.

Un’altra ragione di attualità?

È l’idea che Calvino ha della letteratura come luogo dove gli altri saperi si possono incontrare per dialogare. Nella sua opera troviamo riferimenti a tante scienze diverse, nella convinzione che una delle funzioni della letteratura sia quella di favorire l’incrocio di varie prospettive disciplinari. Mi sembra un’idea molto attuale perché in un’epoca come la nostra, con picchi di specialismo vertiginosi e disumanizzanti, la sintesi e il dialogo sono fondamentali.

Come lo racconta la mostra romana che lei ha curato?

L’idea è di rendere conto dell’immaginario calviniano, cercare di riscoprire e condividere il suo sguardo. Abbiamo raccolto opere d’arte su cui Calvino ha scritto - un’attività a cui si dedicò con una certa regolarità dagli anni ’70 - e altre che, per analogia o suggestione, possono evocare ambienti o atteggiamenti presenti in Calvino. Ci sono oggetti che hanno stimolato la sua creatività, come i tarocchi su cui si fonda «Il castello dei destini incrociati». E ancora fotografie, ritratti dello scrittore, manoscritti che mostrano quanto Calvino correggeva i suoi testi. Ci sono anche due opere originali di Emilio Isgrò e Giulio Paolini.

Per il centenario, ha trovato spunti nuovi di riflessione sulla sua opera?

Ho curato con Paolo Squillacioti l’edizione del carteggio Calvino-Sciascia («L’illuminismo mio e tuo. Carteggio 1953-1985», Mondadori), un dialogo molto istruttivo tra due grandi intellettuali, assai diversi tra loro, che per alcuni riguardi si sentono vicini e solidali. Ho pubblicato «Il teatro dei ventagli», un piccolo libro che raccoglie le fiabe teatrali progettate da Calvino insieme al pittore e poeta Toti Scialoja.

Da cosa nasce la vocazione di Calvino per il fiabesco?

Calvino ha un istintivo gusto dell’avventura, e la fiaba è l’archetipo del racconto d’avventura. In tutte le sue escursioni nel fiabesco, tuttavia, Calvino si muove sempre all’interno di cornici, di riferimenti vincolanti. Ha molto chiaro il principio che il vincolo formale non è un ostacolo, ma qualcosa che stimola la creatività. Come i legami nella coltivazione delle piante, che non bloccano ma indirizzano la loro crescita. Calvino è convinto che la fantasia e la razionalità si debbano unire per cooperare.

In un noto passo delle «Lezioni americane» afferma: «la mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso». Come va intesa questa dichiarazione?

Va presa con le molle. Certamente Calvino è uno scrittore che tende alla sintesi, alla rapidità, all’essenzialità. Ma nella lezione successiva parla di valori opposti, altrettanto importanti: la sua predilezione per la leggerezza non esclude il rispetto per il peso, così come la sua propensione alla rapidità non vuole negare i piaceri dell’indugio. Sempre nelle «Lezioni», tra le opposizioni chiamate in causa c’è quella tra il leggero Mercurio, messaggero degli dei, e Saturno o meglio Vulcano, chiuso nella sua forgia a lavorare. Questa antinomia è un po’ il modo in cui Calvino descrive il proprio sentire: un saturnino che sogna di essere mercuriale.

A un lettore giovane da quale libro di Calvino consiglierebbe di cominciare?

Secondo me può pescare a caso, e questo è il bello. Sono libri molto diversi tra loro, ma tutti hanno qualcosa da dire ai lettori di oggi.

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