«Io, attrice per caso nella famiglia contadina del maestro Olmi»
Maria Teresa Brescianini, classe 1935, è lucida come lo era un tempo la saggezza popolare contadina. Il tono della sua voce pare possedere il dono della profezia. Intervistata in diretta per due ore piene non fa una piega, non sbaglia una virgola: va diritta al nocciolo, là dove la portano il cuore e la memoria.
La protagonista. Ha sulle spalle 83 primavere ben spese Maria, che vive a Palosco, in terra bergamasca e che, quarant’anni fa, fu scelta da Ermanno Olmi per diventare l’icona del lungometraggio «L’albero degli zoccoli». Nel film capolavoro appare un po’ qua un po’ là, nei momenti di pathos più toccanti e alti. Protagonista sempre, è testimone genuina della povertà e delle pene millenarie della civiltà contadina, così come dei miracoli, che sono la forza di Dio che l’uomo non ha. Olmi le fa interpretare una precoce vedovanza, con sei bocche da sfamare, e deve tirare avanti, sola, col destino avverso, una mucca malata, la disperazione ricolma di fede e dignità. Maria recita con naturalezza stupefacente. Olmi lo sa. Sa che ciò che chiede a Maria non è altro che la sua vita vera.
La testimonianza. «La prima volta che Olmi compare qui, a Palosco, era in cerca di personaggi utili al suo progetto - ricorda Maria -. Cercava anche bambini. Perciò entrava nelle scuole e negli oratori. Fu così che scelse mio figlio Massimiliano. Un po’ di tempo dopo, a Martinengo, furono convocati gli improvvisati attori, grandi e piccoli. Io accompagnai mio figlio - prosegue - ma al tempo possedevo solo una bicicletta, e da Palosco a Martinengo c’è un bel pezzo di strada. Chiesi un passaggio al papà del Minèc, il bambino degli zoccoli, al secolo mio nipote. Entrati nel salone ecco Olmi che osserva, scruta, seleziona. E mi guarda più volte. Madìo, signùr - dico - che avrà in testa. Si avvicina e mi chiede se mi va di fare una parte. Assolutamente no - rispondo - ho solo portato mio figlio. Anzi la prego di fare presto perché a casa mi aspetta la famiglia e il lavoro nei campi. Saprò solo dopo che la donna che doveva avere il ruolo che il Maestro mi assegnerà, era già stata scelta. Ma s’era ammalata, creando problemi per l’inizio delle riprese.
Scritturata. Alcuni giorni dopo vedo arrivare in cascina un signore. Bussano alla mia porta. Ricordo che a quel tempo le porte delle case erano sempre aperte, di giorno e di notte. Era lui, il Maestro. Che vorrà? - pensai. Posso entrare? - chiede. Certo, e se vuole le preparo un caffè. E mi ripropone di recitare nel suo film. Non se ne parla, come le ho già detto. S’accontenti di mio figlio. Olmi tira fuori da sotto il braccio il copione e mi suggerisce di dargli un’occhiata. Lo apro, ne leggo alcune parti e dico che è proprio bello, che quella storia mi pare di conoscerla molto bene. Vede - dice Ermanno - è per questo che non può dirmi di no. Fu così che diventai "attrice"».
«Non potevo più uscire di casa». «Uscito il film fu un successo che nessuno s’aspettava. Io rimasi a bocca aperta. Tutti recitarono le loro particine, senza conoscere il completo progetto di Olmi. Poi... non potevo più uscire di casa. Ce ne volle del tempo prima che mi dimenticassero! Mi segnavano a dito: per strada, sulle piazze, in chiesa. Un giorno, al mercato, un commerciante di qua mi si avvicina. Era un macellaio ambulante. Vedo che piange: in mano una borsa piena di salami, carne e costine di maiale. Queste sono per lei - mi dice - per la sua estrema povertà. Guardi - protesto - che non mi va così male, quella era la mia parte nel film dell’Albero degli zoccoli. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti. Questo ben di Dio lo pago. Guai a lei - dice - mi darebbe un dispiacere. Prenda, mi faccia questa carità... « Da allora, sono passati quarant’anni ormai, ho varcato innumerevoli soglie di scuole d’ogni ordine e grado. Sono entrata anche in alcune Università italiane, come quella di Pavia...».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato