Cultura

«... intanto Luca Carboni non sbaglia un disco»

Intervista a Luca Carboni, stasera a Brescia per una tappa del tour dell'ultimo fortunato disco, «Pop-Up»
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È stato capace come pochi di interpretare sogni, bisogni e timori dei giovani anni Ottanta; che erano (anche) i suoi stati d’animo, visto che è nato nel 1962. Poi Luca Carboni, pur rimanendo fedele a un tappeto sonoro elettronico, ha guardato avanti, facendo le cose che gli piacevano e ciononostante continuando a intercettare il gradimento del pubblico. 

 

Luca Carboni - Luca lo stesso

Stasera arriva al Pala Banco di Brescia con il suo «Pop-Up Tour» (inizio alle 21; biglietti da 23 e 33 euro in prevendita, 25 e 35 euro la sera del concerto; info allo 030/2791881 o su www.cipiesse-bs.it). 

Luca: le tue canzoni hanno incontrato con leggerezza ed eleganza il percorso di diverse generazioni. Soddisfatto?
Sognavo di vivere facendo musica e il sogno si è realizzato, anche al di là di quanto mi aspettassi. Per cui, sì: decisamente soddisfatto. 

C’è un disco a cui sei più affezionato? 
Ogni album fotografa un momento di vita, tradotto in parole e musica. È difficile scegliere, ma se proprio devo, dico «... intanto Dustin Hoffman non sbaglia un film» (con cui esordì nel 1983, ndr) perché da lì è cominciato tutto; poi «Luca Carboni», che ha avuto grande successo. Ora sono molto legato a «Pop-Up», che sto vivendo pienamente, forse perché mi accorgo che piace ai ragazzi di oggi, e non solo a quelli di un tempo, cresciuti con me, che mi seguono da sempre. 

Tra i fan c’è tuo figlio 17enne? 
I miei pezzi li sente per forza in casa, e gli piacciono. Anche se in genere ascolta musica diversa: è un cultore della classica... 

Luca Carboni - Bologna è una regola

Luca Carboni invece cosa preferisce? 
Amo cercare proposte indie, novità pescate in ambienti underground. Forse il nome di Calcutta (giovane performer di Latina, ndr) è poco noto, ma consiglio di tenerlo d’occhio, perché ha un potenziale enorme. Il mondo musicale bolognese non è mai diventato una scuola cantautorale, come quella genovese... È così. Nella scena musicale di Bologna c’era, e c’è ancora, frequentazione, talvolta amicizia: ma di scuola è impossibile parlare. Incontravo alla trattoria «Da Vito» sia Guccini sia Dalla, che convenivano là verso notte: dopo cena, il primo giocava a carte o tarocchi, il secondo discuteva di basket e filosofia. Amici, certo, ma musicalmente distanti. E oggi accade lo stesso con Bersani, Cremonini... 



Cosa ci riserverà il live bresciano? 
Un’ampia pagina è dedicata a «Pop-Up», il mio ultimo lavoro; ma ci sarà spazio per brani del passato. Ho impostato lo show come un racconto che si snoda dagli anni Ottanta ad oggi, inserito in una dimensione elettro-pop che lo rende omogeneo: per cui anche i miei classici sono riarrangiati secondo questa modalità. È uno spettacolo che contamina molto, anche sotto il profilo visivo, a partire dal concetto di «pop» declinato nei modi più svariati.

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