Cultura

Incendiario e travolgente: a Festa Radio il sound multiforme degli Asian Dub Foundation

Si è manifestato il tratto irresistibile del collettivo britannico, che ha replicato le vorticose performance portate a Brescia in passato
  • A Festa Radio il sound multiforme degli Asian Dub Foundation
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Incendiario, travolgente, contagioso: il sound multiforme degli Asian Dub Foundation è come il morso della tarantola, che non permette di stare fermi una volta colpiti. A Festa Radio ballava il pubblico in piedi (almeno 3000 persone), si agitava quello seduto negli stand che circondano l’area del palco principale, si muovevano a ritmo i volontari con funzione da baristi, mentre servivano cibo e bevande; ballavano perfino le persone di passaggio, dirette verso altre zone della Festa.

Così si è manifestato, una volta di più, il tratto irresistibile del collettivo multietnico britannico, che ha replicato le vorticose performance portate a Brescia e dintorni negli anni passati. Dimostrando come un progetto nato quasi per caso nei primi anni ‘90 (esito brillante di un laboratorio londinese che aveva organizzato una serie di workshop estivi per insegnare ai bambini della comunità asiatica i rudimenti della tecnologia musicale) sia divenuto un supergruppo che - nonostante i cambi di formazione - può vantare una linea artistica precisa e raffinata, all’insegna di una contaminazione spinta, sperimentale e continua, che però fa leva su alcuni punti fermi: duri ritmi ragga-jungle, linee di basso indu-dub, batteria pulsante e flauti struggenti, combinati con i suoni tradizionali «bengali» che in origine alcuni dei membri della band hanno evidentemente campionato dalle collezioni di dischi dei loro genitori. Il tutto a supporto di liriche impegnate, sparate nello stile furioso e veloce del dancehall o in quello del rap.

Dall’apertura con la strumentale «Mindlock» alla ieratica «The Signal and the Noise», dall’avvenire mal ipotecato di «Stealing the Future» alla stigmatizzazione del classismo di «Access Denied», dall’assolo di flauto di Nathan Flutebox alle cavalcate spaziali di «Flyover» e «Naxalite», dal garbuglio «Can’t Pay, Won’t Pay» alla salmodiante «Oil»: c’è di tutto, ed è tutto effervescente, avvolgente, trascinante.

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