Il vicecommissario Enea fra suore, furti ed amanti

Ritorno sul Lago d’Orta per il vicecommissario Enea Zottìa creato da Marco Polillo, che alla sua quinta indagine in «Il convento sull’Isola» è chiamato dalle suore del monastero di clausura su San Giulio per indagare circa i misteriosi spostamenti di una discutibile natura morta seicentesca in un vecchio palazzo, nonché sui furti nelle ville lasciate incustodite d’inverno. Non è che l’indagine lo stimoli particolarmente, dacché egli è solito occuparsi di omicidi, ma lo stimolano il poter rivedere la simpatica locandiera Chicca e l’avere a che fare con monache chiuse al mondo, tra le quali spicca suor Venanzia, gelida in apparenza ma attenta osservatrice, grazie alla quale il vicecommissario risolverà il mistero dei furti ed un grosso problema familiare. Però il poter lasciare Milano è un bene per il pessimo momento sentimentale, con la moglie ultradepressa che nel quarto romanzo ha finalmente deciso di lasciarlo, ma anche con l’amante Serena, che ha rifiutato di fargli da consorte dopo tanti anni di attesa.
Per quanto riguarda il giallo, Zottìa troverà pane per i suoi denti, visto che di omicidi ne vengono commessi ben due, e per il cuore incontrerà l’affascinante Giulia, ritenuta una pazza dalla gente perché vive isolata nella sua villa: per questa donna Enea è colto da improvvisa e ricambiata attrazione; ma siccome per lui le cose non sono mai semplici, ecco che torna a farsi viva Serena, pentita e presa da nostalgia per il vicecommissario... E già che ci siamo, che accadrà al gatto di Zottìa, ormai personaggio della saga e fuggito da casa?
Al lettore seguire gli sviluppi. E a chi scrive il compito di sottolineare che Marco Polillo, già responsabile per Mondadori e Rizzoli che ha creato una sua casa editrice rinomata per la qualità delle proposte di mystery (i 140 Bassotti di gialli d’antan spesso inediti e la ventina di Mastini sul noir d’epoca), è anche giallista di pregio con plot dai bei colpi di scena con rimandi agathachristiani (ma non solo), con personaggi ben descritti e particolare cura dei turbamenti e modus operandi del suo vicecommissario. Così tanto capace quando indaga e interroga quanto intimidito nei rapporti con gli altri e nella cui visione del mondo c’è anche un po’ di Maigret, presenza testimoniata dal voler entrare nella mente dei sospetti e dalla scoperta del colpevole che (pure qui) anziché soddisfazione suscita compassione e tristezza. Bella serie.
Marco Bertoldi
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