Cultura

Il Vagabond e Jovanotti: storia di un piccolo tabù infranto

Jovanotti ha ripreso l'immagine del mitico adesivo anni Ottanta mettendoci il suo volto: a suo modo, è un sacrilegio
Jovanotti in versione Vagabond
Jovanotti in versione Vagabond
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Immaginate di scoprire che faccia ha la moglie del tenente Colombo, la formula della pozione di Panoramix o il contenuto della valigetta di Pulp Fiction. Immaginate dunque che venga svelato uno di quei misteri che la cultura più o meno nazionalpopolare ci ha proposto, talmente longevi da diventare a loro modo dei tabù, che stuzzicano la fantasia senza mai soddisfarla.

Forse senza rendersene conto, Jovanotti ha infranto nei mesi scorsi uno di questi tabù. Prima di intraprendere il Jova Beach Party, il tour sulle spiagge italiane accompagnato da lunghe discussioni sul loro impatto ambientale, ha pubblicato in un post su Facebook dello scorso maggio il Vagabond, il camminatore solitario in stile hippy, con la chitarra a tracolla e l'orizzonte davanti a sé. Qualcuno nella cerchia del cantante ha preso il personaggio, l'ha girato verso noi spettatori e gli ha applicato il volto disegnato di Jovanotti, scrivendo anche il nome sulla chitarra, per chiarire il concetto. 

«L'adesivo del "vagabondo". Se lo conoscete vuol dire che siete stati pischelli tra gli anni settanta e gli ottanta e questo vi colloca di diritto in una generazione MITICA! (...) Viva il vagabondo! Viva le feste in spiaggia! Viva la libertà!».

 

 

La caratteristica di questo personaggio nato a Brescia e diventato popolare negli anni Ottanta, in Italia e oltre i confini nazionali, è proprio quella di non avere un volto, di essere sempre girato di spalle. Per questo per anni in molti si sono immedesimati con una figura mitica, piazzata su Vespe, Renault 4 o Citroen Due Cavalli ed entrata nell'immaginario di una generazione: il Vagabond è chiunque abbia dentro quell'inquietudine che ti spinge ad andare.

E tra i fan, nei commenti, oltre alla nostalgia per i bei tempi andati e ai ricordi di allora, c'è anche qualcuno che dice no, era meglio senza un volto definito. «Un simbolo del genere non andrebbe cavalcato secondo me», gli scrive Alberto Stocco. «Comunque buona fortuna», aggiunge per stemperare.

 

  • Le diverse versioni del Vagabond di Mario Rossi
    Le diverse versioni del Vagabond di Mario Rossi
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  • Le diverse versioni del Vagabond di Mario Rossi
    Le diverse versioni del Vagabond di Mario Rossi

 

Abbiamo provato a chiedere cosa ne pensano i due autori, il fumettista Majo, Mario Rossi, e il suo ex compagno di scuola Mauro Gilardoni, ma hanno preferito non pronunciarsi. Nel 1981 lo misero su carta per caso, tra una lezione e l'altra al liceo artistico Foppa, in città, e poco dopo se lo videro scippare prima dal titolare di un negozio, il Casbah, che ne fece adesivi, magliette e poster, e poi da numerosi altri stampatori senza nome.

Nel caso di Jova si tratta di una reinterpretazione molto fedele all'originale. Il sacrilegio è stato sì compiuto, ma la cosa si è fermata lì, senza che diventasse virale come in passato. Il Vagabond può continuare il suo viaggio, che sia nella memoria o su una strada vera. Ed è inutile provare a guardarlo in faccia: quello vero cammina senza mai voltarsi indietro.

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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