Cultura

Il «Rio Mella» di Cinelli sfocia sul palco del Sociale

Charlie Cinelli dal vivo domani sera al teatro Sociale per portare sul palco le canzoni dell'ultimo disco
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Risciacquare i panni... nel Mella per «riscoprire»la lingua italiana. Ma, almeno per ora, Charlie Cinelli non ha intenzione di abbandonare il dialetto. 

Solo che per il nuovo album (il settimo della carriera solista), «Rio Mella» (Appaloosa Records), uscito il mese scorso ha deciso di mischiare un po’ le carte, tra cover, traduzioni e qualche originale. Così, in attesa di saggiare dal vivo le nuove canzoni (domani sera, 13 aprile, suonerà al Teatro Sociale di via Cavallotti, in città), Charlie racconta volentieri retroscena e aspettative di questo suo album, iniziando dal gallo che campeggia in copertina: «È un po’ un gioco - spiega -, dal momento che gli amici mi chiamano El Gal. È un disegno fatto da me, che ho trovato adattissimo per la copertina». 

Nell’album ci sono brani in italiano, tra i quali «Pablo» di Francesco De Gregori e «Via della Scala» di Stefano Rosso. Come mai questa scelta?
Il dialetto ha una grande forza comunicativa, ma viene capito da pochi. Ora voglio provare a raggiungere un pubblico più ampio: utilizzare l’italiano è la strada più rapida. 

Dopo tanti anni, credi di aver detto tutto rispetto all’utilizzo del dialetto?
Questo no, perché c’è sempre qualcosa da imparare e da raccontare. L’importante è mantenere la giusta freschezza. 

Le cover in italiano non sono l’unica curiosità del cd...
Beh, «Gal del ciel» è la traduzione in triumplino di un brano di Tom Russel. Il bello è che in studio l’ho suonata con il chitarrista che ne ha inventato il riff, Andrew Hardin. Poi ho anche tradotto in inglese «Caalì», brano inciso su «Törölölö», che è diventato «Sweet Pony». 

In Rio Mella puoi vantare collaborazioni artistiche di grande livello...
È stato bello poter suonare e lavorare con tanti musicisti. Tra questi ricordo Alfredo Golino, che in un solo pomeriggio ha registrato la batteria di tutte le tracce. Poi ci sono Joel Guzman, Andrew Hardin, Bocephus King, il leggendario Augie Myers e l’importantissimo lavoro in fase di produzione di Andrea Parodi. Ma l’elenco è lunghissimo. 

È stato un lavoro lungo a livello di incisione?
In realtà sono bastate circa 150 ore di sala di registrazione, solo che le ho spalmate su due anni. Nel frattempo ho completato anche altri dischi, ma non ho mai perso di vista «Rio Mella». Ed ora è pronto. 

Riuscirai a portare con te in tour alcuni dei «pezzi da 90» coinvolti in sala di registrazione?
Andrew Hardin dovrebbe esserci, mentre Guzman potrebbe essere impegnato con Paul Simon. Ma, io mi domando, perché suonare con Paul Simon invece che fare concerti con me? Scherzi a parte, perlomeno immagino un trio sul palco per promuovere l’album. 

Dopo i buoni riscontri del tuo primo libro pensi di scriverne altri?
No, ma coltivo il sogno di portare quanto scritto con Stefano Soggetti a teatro, per una sorta di spettacolo di teatro-canzone. Stefano ha già cominciato a lavorarci e il risultato mi è sembrato davvero molto buono. Ma le mie ambizioni riguardo al palcoscenico non sono finite. 

Spiegati meglio... 
Vorrei portare a teatro un monologo, ma senza curarmi della dizione o degli accenti, usando la mia normale cadenza. Sarebbe proprio un esperimento interessante. 

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