Cultura

Il popolo metallico in massa a Festa Radio per la carica dei Sepultura

Saranno stati forse 4500 gli spettatori, che venivano letteralmente travolti dall’onda anomala brasileira
  • In 4.500 a Festa Radio per i brasiliani Sepultura
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AA

Vista da fuori, ieri sembrava la serata più scarica della Festa: si trovava subito il parcheggio, il movimento esterno era contenuto, non c’era un minimo di coda all’ingresso. E allora ti veniva da pensare: vuoi vedere che il biglietto popolare, ma più elevato degli altri giorni, ha frenato il popolo dell’heavy metal, pur di fronte a un colosso di categoria come i brasiliani Sepultura?

Non era così, invece: varcata la soglia dell’area di via Serenissima era tutto un profluvio di magliette nere con disegni e scritte ipercolorati, in ossequio all’estetica del genere: il popolo metallico era tutto raccolto ai piedi del palco fin dalla staffetta dei gruppi spalla, ovvero i bresciani Speedgöat, i bolognesi Electrocution e i genovesi Sadist, ciascuno di essi latore di differenti sfumature del rock più duro.
Saranno stati forse 4500 gli spettatori, che venivano letteralmente travolti dall’onda anomala brasileira, un thrash metal dalla compattezza pressoché granitica (ma non insensibile, in alcuni passaggi, a variazioni prog), incredibili ritmo e rapidità d’esecuzione (chitarra e batteria facevano costantemente a gara per lo strumento più veloce), atteggiamento di carismatica solennità e il growl sistematicamente ieratico di un cantante che si chiama Derrick Green e pare il gemello del gigante Michael Clarke Duncan (protagonista del film «The Green Mile»), con agilità raddoppiata.

Tredici pezzi in tutto, per un set di 75 minuti in cui spiccavano «Territory», «Kairos», «Ratamahatta» (classici della casa), insieme ad «Agony of Defeat», «Isolation» e «Guardians of Earth», che sono tracce dell’ultimo lavoro, «Quadra». Sotto il palco pogavano e si agitavano che era un piacere, mentre più in là c’era un pubblico maggiormente tranquillo, perfino genitori con i figli piccoli sulle spalle. Ma tutti si spellavano le mani.

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Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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