Cultura

Il Piccolo Principe, favola intramontabile anche per il cinema

«Il Piccolo Principe», uno dei libri più letti al mondo e venduto in 150 milioni di copie, ha ancora misteri da chiarire, bellezze da rivelare
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La francesista Daria Galateria parla come ispirata: «Il Piccolo Principe» è il romanzo della solitudine perché Antoine de Saint-Exupéry era in America quando lo scrisse e, non parlando inglese, era ancora più solo». Settantadue anni dopo la pubblicazione, «Il Piccolo Principe», uno dei libri più letti al mondo, tradotto in 253 lingue e dialetti e venduto in 150 milioni di copie, ha ancora dei misteri da chiarire, delle bellezze da rivelare.

Questo capolavoro assoluto il cui linguaggio poetico ne fa una sorta di parabola valida per i bambini ma soprattutto per gli adulti, il 1° gennaio arriva al cinema con un film d’animazione che sta suscitando entusiasmi in tutto il mondo. Con la francesista, che ha letto anche alcuni inediti dello scrittore, cerchiamo di fare il punto sull’attualità di una favola intramontabile. 
Professoressa, perché l’aviatore ha tanta nostalgia del mondo dell’infanzia?
L’aviatore ricorda di essere stato un bambino e il mondo dei grandi è un universo problematico, mentre i bambini possono insegnarci lo sguardo del cuore, perché le uniche cose che valgono sono l’amicizia e l’amore. In questa fiaba semplice come il deserto, scorre una profonda falda acquifera, una forza di pensiero occultata, che non si avverte leggendola da bambini, ma da grandi, e coinvolge in una dimensione extraterrestre.
Quali i misteri che la fiaba del Piccolo Principe ancora nasconde?
L’aspetto più importante dell’opera - impressione ricavata anche dalla lettura di alcuni manoscritti inediti, in modo da avere quanti più elementi possibile per la valutazione - è la morte del Piccolo Principe. È una fiaba che finisce male, e la responsabile della casa editrice inglese che la pubblicò per prima, sin dall’inizio rimproverava questo allo scrittore. Secondo lei una fiaba con il bambino che muore era un po’ troppo malinconica: ricordava che Antoine de Saint-Exupéry piangeva quando leggeva il finale. Contemporaneamente però la morte è anche una crescita, un rito di passaggio. 
Perché?
In tutte le fiabe c’è sempre un eroe che abbandona la casa dei genitori, va a fare esperienze di crescita nel mondo esterno, e poi ritorna a casa. I grandi, per stupefacente che sia, sono stati dei bambini ma non se lo ricordano.
Negli inediti che ha letto, cosa ha trovato di rilevante?
Antoine de Saint-Exupéry, dal 1935 teneva dei quaderni in cui riportava tutto quello che non scriveva nei romanzi: note di chimica, di religione e di economia. Una delle caratteristiche della scienza moderna è il superamento del principio di non contraddizione, e discutendone con un gradissimo romanziere francese, Philippe Forest - ha perso una bambina alla quale piaceva enormemente la favola di de Saint-Exupéry - ho trovato la via buona per capire in profondità la storia del Piccolo Principe: ci sono delle coincidenze e tutte le cose opposte coincidono in una fiaba che sembra così semplice. 
Quali coincidenze?
Nella fiaba ci sono un adulto e un bambino le cui età sono simultanee perché l’adulto ricorda la sua infanzia e il bambino sta imparando a crescere. Questi percorsi coincidono pur essendo opposti. Nella fiaba c’è la storia di tutti i romanzi di de Saint-Exupéry: la storia del Piccolo Principe è stata raccontata nella Terra degli uomini ricordando l’incidente che de Saint-Exupéry ebbe nel 1935 nel deserto libico. Rischiò di morire, camminò fra le allucinazioni e quando finalmente vide un beduino, cominciò a urlare, ma la gola era secca e non gli usciva nessun suono e il beduino sul suo cammello scomparve alla sua vista come un miraggio. Ne incontrò, per fortuna, un altro, al quale chiese di essere riportato tra i vivi, magari in canotto disse - pensava di essere morto -, perché gli sembrava di vedere il mare, anziché la sabbia. 
Possiamo paragonare lo scrittore a un eterno bambino?
Lui non era mai uscito dall’infanzia e sosteneva che una delle operazioni morali che possiamo fare è recuperarla e non dimenticarla mai. Di quando era in America, ricordava di aver tanto litigato con un superiore, per il quale l’infanzia andava forgiata e poi accantonata, oltre a questionare per motivi politici. 
Chi è veramente La Rosa?
La Rosa è Consuelo, la fascinosa signora sudamericana che lo travolse sentimentalmente. Era una donna molto interessante, sensuale come una rosa, ma con spine acuminate per difendersi. Si trattò di un amore tempestoso, una grande passione. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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