Il nostro cinema finisce sul lettino dello psichiatra
Come per la letteratura o le arti figurative, diventa sempre più difficile anche per il cinema delineare una «storia generale» che riesca a coniugare serietà scientifica e completezza di informazione. Ecco, allora, l’opportunità di impostare anche ricerche settoriali, mettendo a fuoco un campo specifico. Come fa Ignazio Senatore, psichiatra e psicoterapeuta oltre che critico cinematografico di scaltrito mestiere, cui griglia d’esame e giudizio è la psichiatria per come nel cinema italiano è rappresentata. Magari serve solo «per rendere comprensibili intrecci narrativi contorti e confusi» ma in parecchi casi, come con Bellocchio (da I pugni in tasca a Bella addormentata), Giannetti (Giorno per giorno disperatamente), i due Risi, Dino (Vedo nudo, Tolgo il disturbo) e Nelo (Diario di una schizofrenica), Ferreri (Storia di Piera, I love you), Petri (La classe operaia va in Paradiso), Brass (Chi lavora è perduto, Il disco volante), Avati (La seconda notte di nozze, Il papà di Giovanna), Moretti (La stanza del figlio), Faenza (Prendimi l’anima), il momento psichiatrico è ripreso fuori da consuete stereotipìe. Se da una parte sorprende la vastità del repertorio, tra recensioni, schedature e titoli a consiglio complementare quasi trecento citazioni di film, dall’altra affascina, sapientemente graduata ad ogni livello, autoriale o Bmovie, dramma o commedia, horror o giallo, la limpidezza di discorso di Senatore che sa tradurre sensi e significati offrendo informazioni su trama, performance del cast, stilemi di genere e dettagli d’ambiente.
Alberto Pesce
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