Cultura

I Longobardi sono pronti a conquistare anche Pavia

Al Castello visconteo di Pavia fino al 3 dicembre, anche con pezzi dai Musei bresciani
Oreficeria. Un gioiello in oro e pietre preziose lavorato a cloisonné - © www.giornaledibrescia.it
Oreficeria. Un gioiello in oro e pietre preziose lavorato a cloisonné - © www.giornaledibrescia.it
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Allarga lo sguardo al territorio extraurbano e lo spinge fino all’Italia del Sud la mostra che Pavia dedica fino al 3 dicembre ai «Longobardi, un popolo che cambia la storia» (info: www.mostralongobardi.it).

A diciassette anni dall’esposizione che a Brescia inaugurò il museo di Santa Giulia narrando «Il futuro dei Longobardi» mettendone in luce il ruolo di traghettatori della cultura romana verso il medioevo dei Franchi e della nascente Europa, la mostra allestita nel Castello visconteo di Pavia si concentra piuttosto sugli elementi di novità e rottura che il popolo venuto dal nord portò nella penisola italiana.

Curata dal bresciano Gian Pietro Brogiolo con Federico Marazzi e Caterina Giostra, la mostra aggiorna il panorama degli studi con le scoperte e gli scavi dell’ultimo ventennio; si pone inoltre come un «risarcimento» rispetto all’esclusione di Pavia dalla rete dei siti longobardi entrati nel patrimonio Unesco, e getta un ponte verso il sud dei regni sopravvissuti all’arrivo dei Franchi di Carlo Magno; dopo Pavia, l’esposizione sarà infatti a Napoli, prima di proseguire per San Pietroburgo.

Il tema della «rottura» portata dai Longobardi rispetto al passato si configura prevalentemente come frammentazione socioeconomica, amministrativa e territoriale - sarà tra le cause della disfatta davanti alle armi di Carlo Magno - che cancella definitivamente quella residua unità di stampo romano che era stata salvaguardata in parte anche dai Goti. L’irrompere dei nuovi conquistatori sfalda definitivamente la rete di rapporti tra città e campagna, dove la frammentazione traduce la gerarchia barbarica dei clan.

Re e duchi si spartiscono il governo del territorio, tra città e castelli sedi del potere politico, e la campagna dove le ville romane, ma pure le nascenti abbazie, diventano centri economici e amministrativi del patrimonio fiscale dei sovrani e dei duchi. Mentre sorgono - come ha illustrato su queste stesse pagine il prof. Brogiolo in un’intervista - nuovi insediamenti in località strategiche dal punto di vista dello sfruttamento economico del territorio.

Anche in mostra, il moltiplicarsi di centri da cui provengono i materiali esposti documenta la capillare diffusione della nuova popolazione, su cui si sono concentrati gli studi e gli scavi archeologici recenti. Il percorso della mostra - penalizzato da uno spazio ridotto che rende difficile lo scorrere dei visitatori soprattutto nei giorni più affollati, e non rende giustizia alla gran quantità di materiale esposto - si snoda con una sequenza scandita cronologicamente e tematicamente: si parte con l’illustrazione dell’Europa del IV secolo dove si fronteggiano Goti, Franchi e Longobardi ancora in Pannonia, per passare ai caratteri della società dei Longobardi al loro arrivo in Italia nella seconda metà del VI secolo: religione (con i corredi funerari e la ricostruzione della tomba di Povegliano Veronese, con la sepoltura rituale di cavallo e cani del defunto), economia (la ricchissima monetazione), insediamento, scrittura (il celebre «Editto di Re Rotari»); dopo la sconfitta da parte dei Franchi, si chiude con una panoramica dei regni longobardi del sud.

Tra i pezzi esposti, spicca la gioielleria, con fibbie in metallo lavorato, placchette d’oro sbalzato, le fibule lavorate a cloisonné, gli orecchini di produzione bizantina... Nella sezione dedicata alla lavorazione della pietra, la lastra decorata con il pavone dalla basilica bresciana di San Salvatore mette in ombra, per raffinatezza di lavorazione, tutti gli altri esempi di scultura presentati in mostra.

 

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