I gesti dei giovani danzatori emozioni e poesia
Aveva promesso un viaggio iniziatico e come sempre Virgilio Sieni ha mantenuto la parola. Anzi, è andato oltre, come sempre, e il viaggio nel gesto e nelle figure coreografiche è diventato anche una discesa negli archetipi del teatro stesso e addirittura un viaggio del pubblico all’interno di se stesso.
Sieni per questi «Quadri dalla Passione», danzati da 19 bambini e ragazzi, allievi di scuole di danza bresciane, ha preso il teatro Grande e lo ha cambiato a suo piacimento, mettendo davvero al centro il palcoscenico come non era mai accaduto prima. Ha preso e sorpreso il pubblico spostandolo in luoghi di solito vietati ai non addetti, ha preso i danzatori e li ha collocati in coreografie nettamente suddivise in quadri, ha smontato i gesti e la rappresentazione e ha fornito a chi deve guardare e capire nuovi e infiniti punti di vista e chiavi di lettura.
Detto così può sembrare uno spettacolo didascalico, volto a insegnare qualcosa, più che a emozionare. Ma la vera sorpresa di questo, e forse di tutti gli spettacoli di Virgilio Sieni, sta nel fatto che alla fine dall’insieme di tutte le sue idee, dalle sue scelte e innovazioni tecniche e coreografiche, scaturisce sempre una straordinaria umanissima energia, che commuove e sembra proprio poesia.
Bellissima la scelta dei danzatori, tra i 10 e i 15 anni. Come se Sieni volesse anche mostrare la nascita e i primi passi di una danzatrice o un danzatore. E questo era il primo effetto, la prima curiosità suscitata dai «Quadri» e dai fantastici diciannove giovani bravissimi e serissimi.
Poi la coreografia si muove, i danzatori sembrano cercare il loro posto, entra in scena anche la musica con le fantastiche atmosfere create dalle improvvisazioni alla chitarra elettrica di Roberto Cecchetto.
A questo punto anche lo spettatore più svagato (ieri erano quasi tutti studenti e quindi per definizione svagati) inizia a porsi qualche domanda, a guardare con maggiore curiosità quei corpi giovanissimi che si muovono, si cercano, distillano movimenti evocativi. E si possono vedere tanto da vicino da percepire il respiro, da cogliere le tensioni alla ricerca di un difficile equilibrio.
Nei riquadri tracciati sul palcoscenico si collocano a gruppi i danzatori: qui un duetto, là un quartetto, due assolo, un sestetto... Ognuno esegue movimenti scarni, l’insieme disegna immagini che sono evocative, ma che lasciano totalmente allo spettatore il compito di intuirne ispirazione e significato. Sono immagini sacre, anche se ridotte a un minimo che toglie loro i riferimenti: dolore, tortura, il patibolo, la crocifissione, ancora dolore ma anche resurrezione, riscatto e vita oltre la morte. C’è tutto questo nelle coreografie di Sieni, ma la lezione del grande coreografo e danzatore fiorentino è entrata bene nel pensiero e nei muscoli dei giovani danzatori, che lasciano intendere, accennano, non spiegano, rispettano la libertà e i limiti di chi li guarda.
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