Cultura

I cinquant'anni di Sergent Pepper's Lonely Hearts Club Band

Sergent Pepper's è il migliore album della storia? Il dibattito è aperto, mentre si celebrano i 50 anni dall'uscita di questo capolavoro
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Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band dei Beatles compie oggi 50 anni e il mondo si prepara a celebrare quello che con maggiore frequenza viene indicato come l'album migliore della storia, ma che ormai, ben al di là dell'analisi musicale (e delle discussioni tra beatlesiani se sia veramente il miglior titolo dei Fab Four), si presenta come uno dei capisaldi della cultura popolare del secolo scorso. 

Per l'occasione nei negozi arriva la «Anniversary Edition», con un nuovo mix stereo curato da Giles Martin, il figlio di George, leggendario produttore dei Beatles, dall'ingegnere del suono Sam Okell, insieme a un team di specialisti degli Abbey Road Studios di Londra, gli studi che Paul, John, George e Ringo trasformarono nel loro laboratorio di idee. 

La «Anniversary Edition» uscirà in multi formato: ci sarà l'album con il nuovo mix, una versione doppia con in più con un cd con le versioni alternative, e un cofanetto con quattro cd, che comprendono anche un volume con le registrazioni delle session, un nuovo mix del singolo tratto da quelle registrazioni, e cioè «Strawberry Fields Forever» e «Penny Lane» (da molti considerato il 45 giri perfetto, quello con due lati «A»), la versione in mono, più un Dvd con il film-documentario sul making del disco. In più un libro di 144 pagine con interviste e un ricchissimo materiale storiografico. 

Nel frattempo fino al 2 giugno circola nelle sale cinematografiche «The Beatles: Sgt Pepper and Beyond», il documentario firmato da Alan Parker che racconta il periodo in cui i quattro di Liverpool decisero di abbandonare i concerti per dedicarsi esclusivamente al lavoro in studio, una scelta che ha portato i Beatles a creare un universo musicale che prima non esisteva. 

In realtà si tratta dell'evoluzione di un processo iniziato già con «Revolver», che è uscito nell'agosto del 1966, album decisivo (per molti il migliore dei Beatles) in cui già erano state messe a punto tecniche di registrazione rivoluzionarie. «Sgt. Pepper» nasce con due intenti precisi: il primo è rispondere a «Pet Sounds», il capolavoro di Brian Wilson che, sviluppando i concetti del «Wall of Sound» di Phil Spector, aveva sorpreso il mondo con un nuovo modo di intendere il pop orchestrale. Il secondo era realizzare un album impossibile da eseguire dal vivo (almeno all'epoca). 

Stanchi di suonare in tournée dai ritmi infernali, in concerti dove le performance erano coperte dalle urla dei fan, stressati da infelici giri di concerti in Giappone, Filippine e Stati Uniti, decisero (il più riluttante ad accettare l'idea di non suonare più dal vivo fu Paul McCartney) di dedicarsi solo al lavoro in studio che da allora, grazie alla collaborazione di George Martin, diventerà il loro strumento principale. 

Il lavoro su «Sgt. Pepper» comincia con un errore clamoroso («il più grande della mia carriera», lo ha definito Martin): eliminare dall'album «Strawberry Fields Forever» e «Penny Lane», registrate nelle stesse session e pubblicate, come detto prima, solo su 45 giri, per soddisfare le richieste della Emi che voleva un singolo. 

Il resto è la cronaca di un avventura che ha aperto le porte al futuro della musica. Dal punto di vista della band, l'album vede Paul McCartney in una posizione di deciso controllo: sua è l'idea di creare la band fittizia del Sgt Pepper, un ensemble edoardiano che costituiva un vero e proprio alter ego del gruppo. Così come sue sono le idee alla base delle session che, cosa non gradita agli altri tre, non si svolsero come la performance di una band, ma come una lunga serie di idee musicali, che coprono un range espressivo impressionante per varietà, messe insieme grazie a una serie di accorgimenti tecnici che hanno rivoluzionato le tecniche di registrazione, seguendo le intuizioni geniali di George Martin e di Ken Townsend, l'ingegnare del suono che, tra le tante trovate, sincronizzò due registratori a quattro piste, arrivando così a lavorare su otto piste quando in Inghilterra quella macchina ancora non esisteva. 

Ci sono volute più di 700 ore di lavoro in studio per completare l'album in cui è stata utilizzata anche un'orchestra di 40 elementi: un mix di suoni e voci mai sentito prima, con le tracce legate l'una all'altra a rimarcare l'idea del concept album, già anticipata dal Frank Zappa di «Freak Out», l'altro modello dichiarato del progetto. «Sgt. Pepper» è la celebrazione del matrimonio perfetto tra creatività musicale e invenzione tecnologica: i Beatles cercavano suoni che non erano mai stati suonati, effetti mai sentiti, sovraincisioni, rallentamenti, accelerazioni, dissonanze, cut up. Martin e il team di ingegneri si preoccupavano di trovare il modo di trasformarli in realtà. 

A tutto questo si aggiunge la copertina, realizzata da Peter Blake e Jann Haworth, con la collaborazione di Robert Fraser e del fotografo Michael Cooper. I Beatles, con le loro divise edoardiane, sono dietro una gran cassa con su scritto «Sgt Pepper», la scritta Beatles composta di fiori e un collage di persone famose come, tra i tanti, Bob Dylan, Oliver Hardy, Marlene Dietrich, Marlon Brando, Marylin Monroe, Oscar Wilde, Lewis Carroll, Dylan Thomas. All'interno anche inserti con le immagini ritagliabili del Sergente Pepper. La copertina, compresi gli inserti ritagliabili, è riprodotta anche nelle nuova edizione, ovviamente anche in quella in vinile: un'occasione per celebrare un capolavoro e riflettere sull'epoca d'oro in cui anche le copertine erano opere d'arte.

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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