«Grammamanti», a Palazzo Martinengo il libro per gli amanti della grammatica

Sara Polotti
La presentazione nella Sala del Camino. L’autrice è la linguista Vera Gheno: «Questa parola riesce a essere non tossica, non abusante, non gelosa»
  • «Grammamanti», a Palazzo Martinengo la presentazione del libro della linguista Vera Gheno
    «Grammamanti», a Palazzo Martinengo la presentazione del libro della linguista Vera Gheno - Foto New Reporter Favretto © www.giornaledibrescia.it
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C’erano una volta i grammarnazi, che si spera vengano presto sostituiti dai «Grammamanti», amanti della grammatica che ne conoscono il potere la capacità di mutamento. Si intitola così il nuovo libro della linguista Vera Gheno (sottotitolo: «immaginare futuri con le parole»), che è passata anche da Brescia con la sua presentazione, nella Sala del Camino di Palazzo Martinengo delle Palle. L’evento era organizzato dalla Commissione Genere nell’ambito del Gender Equality Plan 2022-2024, in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia, che da un paio d’anni sta cercando di usare un linguaggio sempre più inclusivo (con un un vademecum per il personale, per esempio).

In dialogo con Simone Tempia, Vera Gheno ha svelato tante curiosità attorno al linguaggio, a partire dall’antropologia e dalla scienza. «Nel genoma umano c’è la capacità di sapersi esprimere a parole. Ciò non significa che le altre specie non comunichino o non siano intelligenti, ma la parola permette di rendere trasportabile nello spazio e nel tempo l’informazione». Sopratutto, la parola non è granitica. Non è immutabile. Eppure le persone non sembrano accettarlo, anche se la purezza non esiste. Nel dizionario le parole derivano dal latino, dall’arabo, dall’inglese, dal longobardo… «La purezza della stirpe italica non ha senso: il Dna dice bene che i confini sono prettamente umani e che siamo un miscuglio di tante etnie, così come le lingue sono mischioni di dialetti, italiani e altre lingue».

Gheno ha lavorato per vent’anni all’Accademia della Crusca e sa bene di che parla. Non solo in quanto linguista, ma anche in quanto addetta a rispondere ai dubbi delle persone. «Il servizio di consulenza linguistica della Crusca mi ha permesso di mettermi in contatto con la pancia del Paese. Riceve un centinaio di richieste al giorno: le persone tendono - almeno in Italia - ad avere un attaccamento morboso nei confronti della propria coscienza linguistica. Fonte di questa coscienza linguistica - messa in contrasto con la contemporaneità - è spesso “la maestra”. Se la maestra aveva detto così, così è». Le persone che scrivono alla Crusca vogliono salvare il congiuntivo, combattere gli anglismi… «Mi sono detta: forse la scuola è carente nell’insegnare l’elasticità». La persona «Grammamante» riesce quindi, al contrario di questi grammarnazi, ad avere un rapporto sano con la lingua. «Un po’ come nelle relazioni: sa essere non tossica, non abusante, non gelosa».

L’incontro ha toccato numerosi temi: il sistema linguistico italiano androcentrico che ha un genere per tutto e il maschile sovraesteso; le cinque solite scrittrici donne studiate a scuola e le centinaia di scrittori uomini; la tendenza a incasellare in parole immutabili la realtà, che invece è per sua natura infinita; il modo in cui viene insegnata la lingua a scuola, secondo lei ancora molto strumentale. A questo proposito, «si fanno analisi logica, verbi, analisi grammaticale, congiuntivi… Quello di cui si parla meno è per esempio la mobilità tra contesti d’uso. Ecco perché ci sono lo ‘scuolese’, la lingua legnosa, e il ‘bella zio’, più masticata e familiare. La capacità di adeguarsi al contesto va di pari passo dalla mobilità della lingua. Molta della felicità linguistica passa dall’adattamento: non dobbiamo parlare forbiti con gli amici, ma nemmeno essere fuori contesto quando serve. Il primo antidoto è quindi rafforzare le proprie competenze linguistiche».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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