Gli eroi di Nikolajewka nel libro in edicola con il GdB
A ottant’anni dalla battaglia di Nikolajewka l’onere della memoria di quanto accadde in quella steppa desolata, in quella «spianata di isbe con un fiume gelato nel mezzo, una chiesa con il campanile a cipolla» e l’Armata rossa che sparava contro i soldati e gli alpini italiani «come fossero piccioni», durante la ritirata di Russia, oggi spetta a noi. Un compito e un impegno cui possiamo tener fede anche grazie a libri come «Eroi di Nikolajewka» scritto da Alberto Redaelli tempo fa ma ristampato quest’anno grazie all’idea del Gruppo alpini di Borgosatollo, guidato da Gianni Coccoli, che sarà in vendita con il Giornale di Brescia dal 18 gennaio, a 10 euro.
L’intero ricavato, nel solco dello spirito delle Penne nere di «onorare i morti aiutando i vivi», sarà devoluto alla scuola che di Nikolajewka porta il nome, a 40 anni dalla sua costruzione, oggi struttura di eccellenza per persone con gravi disabilità. Il volume è stato presentato ieri in un’affollata Sala Libretti, nella sede del nostro quotidiano, dal direttore Nunzia Vallini, dall’autore e da Massimo Cortesi, oggi direttore della rivista L’Alpino. In sala pure il presidente dell’Ana di Brescia Gian Battista Turrini, mentre l’alpino Renato Cremini ha letto alcuni passi dal libro.
L’incontro trasmesso in streaming dal sito del Giornale di Brescia è stato registrato e sarà riproposto prima del 28 gennaio da Teletutto. «Eroi di Nikolajewka» è suddiviso in tre parti: le prime due sono dedicate alla Campagna di Russia portata avanti dal Csir - Corpo spedizione italiano in Russia - e dall’Armir - Armata italiana in Russia - dal 1941 al 1942-’43; la terza parte invece è dedicata alla terrificante battaglia, unica via per «tornare a baita» da parte degli italiani nel corso della ritirata dal fronte sul Don.
«Una storia che narro grazie alla documentazione italiana e tedesca - ha spiegato Redaelli - e anche grazie alle testimonianze dei reduci», come Mario Rigoni Stern, Giulio Bedeschi o Nelson Cenci che al loro ritorno in Patria descrissero quanto vissuto nel loro romanzi. «Quest’anno peraltro si celebrerà l’ottantesimo di Nikolajewka con due grandi assenze - ha rimarcato il direttore Vallini -: non ci saranno proprio i reduci, ma mancheranno anche i russi», a causa dell’invasione russa in quelle stesse terre. «Cosa che ci addolora molto», ha affermato Cortesi, perché con i russi gli alpini bresciani avevano intrecciato un forte legame che cinque anni fa aveva preso la forma di quel «Ponte dell’amicizia» proprio nella cittadina che un tempo aveva il nome di Nikolajewka (ponte sfregiato da una Zeta bianca all’inizio del conflitto lo scorso marzo), e di un asilo in una città vicina.
Leggendo le pagine di Redaelli si rivive non solo la storia della battaglia, fatta «di eroismo e di disperazione», ma anche di «episodi minori» di gioia insperata come il ritrovarsi dei due fratelli Caprioli, all’interno di un’isba. «Nikolajewka è importante perché si ricorda una ritirata - ha aggiunto Cortesi -; fu attraverso quello scontro che i nostri soldati si resero conto della follia in cui erano stati immersi in Russia, che incominciarono a chiedersi che cosa ci stessero facendo lì. E una volta tornati non smisero di combattere ma entrarono nella Resistenza, per liberarsi di chi li aveva mandati ad invadere quei luoghi di ghiaccio». Quella «landa dei morti dalla quale il cuore non ha fatto ritorno» come scrive il poeta novantenne Enzo Franzoni.
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