Giulio Corso: «In Grease smaschero Danny Zuko»
Le bottiglie verranno stappate, i calici tintinneranno e i coriandoli cadranno dal cielo. Un Capodanno tipico, ma con un dettaglio eccezionale: sullo sfondo ci sarà «Grease». Non in tv, dal vivo.
Il Gran Teatro Morato di via San Zeno 168 a Brescia ha in serbo per il pubblico un cenone dell’ultimo dell’anno davvero meraviglioso, con aperitivo, buffet di benvenuto (alle 20) e brindisi di mezzanotte sullo sfondo della Greasemania. «Grease il musical» andrà infatti in scena nella notte tra lunedì 31 dicembre e martedì 1 gennaio (inizio spettacolo alle 22.30, biglietto comprensivo di tutto a 43 euro in tribuna numerata, 52 euro in tribuna gold; seconda platea a 62 euro, disponibili su ticketmaster.it), per festeggiare ballando sulle note di «Summer Nights» e «Greased Lightnin’».
Nei panni di Danny Zuko quest’anno ci sarà Giulio Corso (che abbiamo intervistato), guidato dallo storico regista Saverio Marconi, responsabile della versione italiana dell’iconico musical ambientato in un liceo degli anni Cinquanta, insieme agli artisti della Compagnia della Rancia. Giulio, prima di approdare a «Grease» è passato dal corpo di ballo di Raffaella Carrà, dalla soap «Il paradiso delle signore», dal ruolo di anarchico in «Soledad», dal «Commissario Montalbano», dal docu-film su Paolo Borsellino...
Possiamo dire che la versatilità fa parte di lei? Sì, nella mia formazione sono stato educato a pensare al mio lavoro come a qualcosa senza paletti. Per intenderci: anche se amo le parti drammatiche, perché non posso fare anche soap opera o musical? Viviamo in un’epoca nella quale ognuno di noi può declinare se stesso in ciò che più gli riesce. Ciò che prediligo sono i lavori con molta preparazione, più che il genere. Non amo i progetti che durano un mese, quelli nei quali non si va a fondo nelle cose. E poi scelgo sempre in base alla mia poetica.
In Grease il suo ruolo è quello di Danny Zuko, che la compagnia della Rancia affida periodicamente a nuovi volti e che è stato interpretato da John Travolta e Giampiero Ingrassia. Come l’ha reso suo? Cosa ci sarà di diverso rispetto agli ultimi Danny: Guglielmo Scilla e Giuseppe Verzicco? Mi sono chiesto: come si può raccontare un’icona di tutti? Ho quindi cercato di identificarmi nell’adolescente-Danny, che vive un periodo della vita che tutti conosciamo, un periodo molto fervido, ma nel quale si indossano molte maschere per sopravvivere al gruppo, al branco, alla scuola... Lui è combattuto: cerca di mostrare ai T-Birds di farsi duro ma è comunque vicino ai deboli. Lo voglio quindi smascherare, soprattutto nei suoi momenti di crisi.
In passato ha lavorato anche con la storica Sandy italiana, Lorella Cuccarini. L’ha sentita per qualche consiglio? Avere lavorato con lei è stato per me una grande palestra, una scuola. Ho intuito il suo approccio al lavoro e al palco, ma non ho mai parlato di «Grease» perché, anche se lo conoscevo molto bene, non era nemmeno nella mia mente all’epoca. Credo sia molto cambiato da allora, è una versione 2.0, rinnovata nei testi e nelle liriche. Si rivolge al nuovo pubblico.
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