Giorgio Conti: «La Time e The Atrium, che avventura pazzesca»
Quando è iniziato tutto, al centro della scena c’era lui, Giorgio Conti. Che oggi continua a essere deejay, conduttore radiofonico e animatore di eventi come ha fatto a partire dagli anni ’70, con l’aggiunta di un incarico da assessore a Sport, Turismo e Tempo libero a Rovato; nel 1984 fu invece il «frontman» nel cui segno partì l’avventura di Time Records, etichetta bresciana di caratura planetaria creata da Giacomo Maiolini, che quest’anno celebra il 35º di attività: ricorrenza che verrà festeggiata il 26 settembre con un evento a Brescia i cui contenuti sono ancora da svelare.
Abbiamo chiesto a Giorgio di ripercorrere per noi l’epoca pionieristica della disco music in salsa bresciana.Giorgio, tutto comincia con la hit «Funny Dancer». Non ti eri mai misurato prima col canto: come ti venne in mente?
A quel tempo collaboravo con la storica Radio Montorfano, un’emittente nata nel 1977 che ho contribuito a far crescere, e con discoteche come il Discovery di Concesio e l’Altaluna di Rezzato. Maiolini era un compagno d’avventura: un intraprendente ragazzo della Pedrocca, che aveva giocato a basket a buoni livelli e che si posizionava sempre vicino alla consolle, non facendosi problemi a chiedere chi cantasse quella canzone, chi fosse quel musicista, da dove arrivasse quel sound. Un giorno, era la primavera del 1984, mi dice: perché non facciamo un disco? Io produco, tu canti.
Fu avventura dalla gestazione semplice?
Non esattamente. Per produrre un disco ci voleva un sacco di soldi, circa sei milioni di lire, che non avevamo. Giacomo mi rassicurò: non ti devi preoccupare, ho uno sponsor; ma tu devi adottare un nome d’arte. Mi fu tutto chiaro quando mi disse quale: i soldi li metteva un locale di Villafranca, Atrium appunto, che pretendeva in cambio una vetrina. Accettai, mediando tuttavia un poco: nacque così The Atrium, che aveva maggiore appeal internazionale.
Arrivò un successo inatteso...
Gli autori a cui Giacomo si rivolse, Farina e Crivellente, erano un certezza del settore. E «Funny Dancer», col ritornello che prendeva dal primo ascolto, attirò l’attenzione del popolo della notte, non solo in Italia.
Cominciasti una carriera artistica imprevista, ma senza riappropriarti del tuo vero nome. Perché?
Perché ormai Atrium mi era rimasto appiccicato addosso. Avevo 27 anni, energia e voglia di fare: colsi l’occasione e proseguii su quella strada. Con Maiolini, con cui il rapporto di collaborazione evolse in amicizia vera e duratura, abbiamo inciso complessivamente otto singoli, fino al 1991, scalando classifiche in Francia, in Spagna e in Giappone (dove non riuscivano a pronunciare Atrium, quindi optammo per Atorium). Solo l’Olanda mi ha gratificato con il mio vero nome: mi presentavano come Giorgio Conti alias The Atrium.
Ti saresti aspettato la crescita esponenziale di Time?
Che Giacomo fosse un talent scout lungimirante si capiva perfettamente; che potesse raggiungere livelli di eccellenza assoluta, forse no. Il suo lavoro, specie nei primi tempi, è stato straordinariamente creativo. Ora ci mette soprattutto un gran mestiere, ma raccoglie quanto ha saputo seminare in precedenza.
Il 2019 ti ha regalato una coda imprevista ma decisamente gratificante dell’epoca in cui calcavi i palcoscenici. Cosa è successo a gennaio, a Città del Messico?
Mi hanno proposto di partecipare a un evento che pensavo fosse un revival disco. E invece mi sono ritrovato sotto i riflettori, cercato dalla stampa, con una folla che mi chiedeva di firmare dei vinili: ho così scoperto che l’ellepì in cui, a mia insaputa, un’etichetta sudamericana ha raccolto i singoli che ho inciso, ha venduto oltre 100 mila copie. Immaginate lo stupore quando mi hanno consegnato un disco d’oro... un’esperienza bellissima che mi porto nel cuore.
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