Giacobazzi: «Noi, pedoni sorridenti sulla scacchiera della vita»
«Un po’ di ironia non dico che salvi la pelle, ma almeno la psiche sì. La prima persona di cui ho imparato a ridere sono io e, così come sono, mi racconto sul palco, orgogliosamente "pedone", uomo comune, che ogni tanto ha la fortuna di stare sotto i riflettori».
Così il comico Giuseppe Giacobazzi - da noi intervistato - dice di sé, ed è forse la chiave del suo successo: essere rimasto una persona normale, «nella quale il pubblico facilmente si immedesima». Ed è anche la chiave del suo ultimo show, «Il pedone», in scena venerdì 31 marzo alle 21.15 al Gran Teatro Morato di via San Zeno 168, in città. Organizza Zed, biglietti a 30 e 40 euro, anche in prevendita su ticketone.
Il pedone: perché questo titolo? - chiediamo all’attore romagnolo, diventato famoso con Zelig.
«La scacchiera è metafora della vita: la maggior parte di noi è un pedone: siamo tanti, ma contiamo poco, a comandare è una minoranza. Non vale la pena di crucciarsi, meglio sorridere, pur con consapevolezza: quella che, dopo tanti anni, abbiamo trovato io e un gruppo di vecchi amici, di cui racconterò in scena.
Tanto teatro dunque, con 54 repliche di questo nuovo spettacolo, ma anche televisione: ultimi importanti impegni uno show tutto suo lo scorso settembre su Italia 1, «Gran varietà», e una parte in «Summertime», dal 2020 al 2022 su Netflix...
Sì, sono soddisfazioni, in particolare mi è piaciuto rivedermi in questa serie televisiva (in genere non amo farlo), lavorare con Marina Massironi (nella parte di mia moglie) e con Giovanni Maini: si è creata una bella confidenza e Giovanni lo sentivo davvero quasi come mio figlio.
Sarà anche che nella vita lei è felicemente padre e marito...
Sì, ho una figlia di dieci anni, appassionata di danza jazz, per cui quando non vado in tournée seguo lei; non so da chi abbia preso, visto che io e mia moglie al massimo ci dedicavamo ai lenti, o "ballo del mattone".
Si vede che i lenti hanno funzionato: siete sposati da 25 anni...
Sì, abbiamo festeggiato di recente; ci conoscemmo in campeggio, ai lidi ravennati, che amo sempre e dove vado ogni anno: non posso stare senza il mare, lì ci sono delle zanzare enormi, ma col tempo ormai ci ho fatto amicizia.
I suoi prossimi impegni lavorativi?
Oltre al teatro, due presenze a «Only fun», sul Nove.
Le rimangono dei sogni nel cassetto?
Vincere il mondiale di moto GP - scherza il comico -, ma credo che, compiuti da poco i 60 anni, sarà difficile; quando gli impegni lavorativi e familiari me lo permettono, vado ancora in pista. Una passione nata da adolescente, insieme al mio amico e braccio destro Bicio: lui mi lasciava guidare il suo motorino, perché aveva solo 13 anni e non poteva ancora portarlo.
Quando è arrivata, invece, la propensione per la comicità?
Alle elementari: già mi piaceva divertire i miei compagni, apprezzava meno la maestra che, quando mi trasferii, mi disse: «Ti voglio bene, ma non vedo l’ora che tu te ne vada».
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