Fiorella Mannoia e Danilo Rea, le canzoni del cuore sono mille candele in riva al lago
La scenografia era semplice e allo stesso tempo sontuosa: il pianoforte al centro di un palco che era letteralmente invaso da candele dalla luce aranciata e calda. Anche per questo Fiorella Mannoia e Danilo Rea ieri sera hanno atteso la penombra per palesarsi nell’anfiteatro vista lago del Vittoriale: il buio esaltava ancor di più una messa in scena che rendeva un servigio supplementare al recital, che aveva come protagonisti un pianista di note blu dal respiro internazionale e una performer che regalerebbe intensità anche all’elenco telefonico.
Arrivano spaiati, i due. Per primo Danilo Rea, che entra alla chetichella, saluta, e attacca con una miscela pianistica di venti minuti che parte morriconiana - integrando pianisti sull’oceano, gente che deve tenere giù la testa, sere a cena e altre suggestioni - e prosegue con echi lirici da Carmen, Nabucco, cantautorali da Marinelle, riff ossessivi che rinviano al rock e al Battisti motorizzato e cromato dei 10 Hp, prima di terminare con un medley deandreiano tra nostalgia e passione: il tutto strappando al pubblico gardonese il primo dei molti, fragorosi, applausi di serata.
Emozioni in musica
L’ingresso di Fiorella - abito rosso che fa pendant con la celebre e riccia chioma - avviene con «Oh che sarà», perla brasileira di Chico Buarque de Hollanda. Quindi la Mannoia si rivolge alla platea, che ha fatto registrare uno straripante sold out, e commenta: «Che meraviglia... e che bello tornare qui. Siamo davvero fortunati, noi italiani, a vivere in paese straordinario, di grandi e diffuse bellezze». Poi offre le coordinate d’occasione: «Con Danilo, abbiamo scelto le canzoni del nostro cuore (e forse del vostro), per un viaggio di emozioni in musica».
Eccole: «Come si cambia» e «C’è tempo» di Fossati. Si sale ulteriormente di livello con lo splendore connesso a «La donna cannone» di De Gregori e «La cura» di Battiato. Quindi una digressione napoletana (frammenti di «Sulo pe’ parla’» di Pino Daniele), prima di una parentesi potentemente latinoamericana, in cui i tasti bianchi e neri di Rea, fino a quel momento sommessi, si fanno ritmatissimi, prendendosi la scena al pari della vocalità della performer romana: «Besame mucho», perla messicana datata 1940; la cubana «Quizas», cavallo di battaglia di battaglia di Nat King Cole; la faccia triste dell’America secondo Jannacci, ovvero la strepitosa «Messico e nuvole».
Non potevano mancare Dalla («Felicità»), Mina («Insieme»), Vasco Rossi («Sally», premiata con un’ovazione). L’alchimia tra il pianista e la cantante è evidente e genera altri momenti di assoluto godimento: «E penso a te» di Battisti (molto sincopata), «It’s wonderful» di Conte, interpretata con evidente divertimento di entrambi.
La buonanotte viene sussurrata dolcemente con «Margherita» di Cocciante, declamata con decisione attraverso «Quello che le donne non dicono» di Ruggeri, quasi gridata con la sua «Che sia benedetta». Poi solo applausi nella notte incendiata da tante candele.
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