«Fermi, fermi tutti!»: gli scatti di tutte le classi sociali allo Spazio Fondazione Negri
Due degli archivi fotografici bresciani più pregevoli per quantità e qualità, per la prima volta si raccordano e producono una mostra comune. Che è la prima, ma a dire dei rappresentanti delle realtà in questione - cioè Mauro Negri per l’Archivio Fotografico della Fondazione Negri, e Renato Corsini, direttore del Macof-Centro della fotografia italiana - potrebbe «non essere l’ultima».
Il progetto
Sta in questo aspetto solo apparentemente secondario e invece foriero di possibili future meraviglie espositive, il senso più ampio della mostra «Fermi, fermi tutti. Percorsi della fotografia di gruppo» che s’inaugura oggi alle 18 allo Spazio Fondazione Negri (Brescia, via Calatafimi 12/14) e proseguirà fino al 27 febbraio 2024 con orario 16-19 dal martedì al venerdì e 15-19 il sabato.
«Per me - spiega Mauro Negri, patròn della Fondazione da lui creata che fu aperto nel 1891 in via Battaglie 40 - è una soddisfazione avere come interlocutore un bresciano che di fotografia ne sa e se ne occupa ad alto livello: è il primo esperimento, ma spero possa avere significativi sèguiti». «È una collaborazione - gli fa eco Renato Corsini, deus ex-machina del Macof e direttore artistico dei vari Brescia Photo Festival - con una prestigiosa realtà qual è la Fondazione Negri. E insieme cercheremo di darle continuità nel segno della grande fotografia».
Il percorso
In esposizione, una settantina di stampe in biancoenero e a colori (molte vintage d’epoca), in diversi formati (c’è persino una selezione di foto di fine-corso di studi proveniente da college inglesi: un... serpentone dall’insolita larghezza di 1 metro e altezza di soli 20 cm). Si spazia dall’Ottocento ai giorni nostri; e quanto ai contenuti e alle firme autoriali, temporalmente da metà ’800 a oggi.
Da una dozzina di pionieristici scatti d’ambientazione archeo-industriale del patriarca Giovanni Negri (1856-1919), bisnonno di Mauro; passando per le immagini di Antonio Predali, oste&fotografo d’inizio ’900 in quel di Marone; fino ai moderni fotocolor di Dorothy Bhawl, nome d’arte d’un felicemente visionario (si veda il profilo Instagram...) autore bresciano maestro della «staged photography», genere in cui la messinscena della posa è fondamentale.
Né vanno dimenticate le stampe vintage dell’indiano N. V. Parekh che immigrato in Kenya, nel 1942 aprì uno studio a Mombasa diventando un noto ritrattista. Nello spazio e nel tempo. Anche Corsini contribuisce, come autore, al tourbillon storico-iconografico con una serie d’archivio di suoi scatti da... trasferta esotica in India, Birmania, Laos, Bangladesh: con l’etichetta «L’ambulante delle etnie» espone foto ottenute facendo posare gruppi di quelle terre, davanti a un semplice telo come scarna e decontestualizzante scenografia.
Né mancano immagini da album di nozze d’inizio ’900, e l’originalità d’una serie all’insegna del motto «un fotografo che ritrae un altro fotografo mentre fotografa» tratta dall’archivio dello storico fotoreporter Nicola Sansone. Insomma, il menù è variegato e intrigante, e ben raffigura il tema evolutivo del ritrarre gruppi di persone e di quel «fermi tutti!» intimato ai soggetti sin dagli albori del fotografare in conseguenza del seminale uso delle originarie tripodiche macchine a necessariamente lunga esposizione. Un avvertimento ormai superfluo con le istantanee, ma che ancora oggi ha un senso di richiamo d’attenzione sospensoria per evitare un «mosso» nel caso si fotografino dei collettivi.
Il catalogo
La mostra è accompagnata da un catalogo che, oltre a tutte le immagini esposte, ne pubblica anche ulteriori altre. L’introduzione è del giornalista e foto-saggista Michele Smargiassi e c’è anche una frase del foto-decano Gianni Berengo Gardin (presidente ad honorem del Macof-Centro della fotografia italiana) sull’importanza della fotografia di gruppo, qui suffragata da un autoscatto di lui e famiglia a evocare una classica posa ottocentesca. Fermi, fermi tutti, dunque: non perché si scatti, ma poiché questo viaggio per immagini dice d’un genere che ha fatto la storia della fotografia.
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