Esordio letterario per Patrizia Laquidara: «Torno bambina per ricucire il tempo che fu»
Quando, bambina, dalla Sicilia si trasferì al Nord, in Veneto, è come se Patrizia Laquidara avesse lasciato dietro di sé «una scia di sassolini sparsi». Ora, con «Ti ho vista ieri», il suo romanzo d’esordio appena pubblicato da Neri Pozza, è come se si fosse rimessa sulle tracce di quella stessa scia per «tornare a casa». Una scia profumata che odora di gelsomino, «il fiore più bello - spiega - perché nasce libero nei luoghi più luminosi del mondo».
Cantautrice, scrittrice e attrice (anche se dell’attrice confessa di sentire, più che altro, l’«attitudine a stare sul palco») Patrizia Laquidara, docente di «Tecniche di elaborazione di poesia in musica» al Conservatorio Luca Marenzio di Brescia, ha conosciuto molti luoghi nella propria infanzia, alla fine degli anni Settanta: persone, oggetti, animali. Tanti «sassolini sparsi lungo il bosco» che ha raccolto e radunato insieme nelle pagine di «Ti ho vista ieri». Alcuni luminosi, altri meno, come le balbuzie che la colpì dopo la «deportazione» al Nord, dentro una Fiat 127 color giallo canarino, stipata di un’esistenza intera».
Al Salone di Torino
Eppure, racconta l’autrice, ospite del Salone del Libro di Torino sabato alle 15.30 presso lo stand padiglione Ovale, «l’infanzia rimane un tempo favoloso anche se non abbiamo incontrato soltanto fate buone, ma anche streghe e orchi. In questo tempo siamo stati come dei piccoli dèi domestici, al massimo delle nostre potenzialità. E il percorso che ci attende dopo, è ritornare ad essere, in qualche modo, come quei bambini».
I sassolini si riflettono, poi, anche nello stile di Laquidara: tanti racconti che insieme danno corpo al romanzo. «La frammentarietà - spiega - è la cifra del libro. In alcuni casi può essere un difetto; nel mio, ha rappresentato una scelta convinta. Piccoli paragrafi, ognuno con un titolo, che indicano la strada». E permettono di uscire alla luce, e anche di superare una difficoltà, come quella che Laquidara, ad esempio, racconta di aver sperimentato quando, sentendosi alle strette nei confini di una struttura musicale entro la quale rimanere, ha scelto di scrivere un romanzo, per sentirsi più libera.
Musica e ricordi
«C’è molta voce cantata dentro il romanzo, alla maniera dei testi dei cantori greci, dove i personaggi continuamente ritornano. Non c’è solo il mio sguardo sulla bambina, ma anche su tante altre persone che si affacciano sullo sfondo. Sono figure del mio albero genealogico, alcune anche molto lontane nel tempo, e personaggi minori, che magari ho soltanto incrociato, ma che vedo. E vedendoli li riporto in vita, dico loro che esistono per me. Vedere in questo modo, ricordare, è un atto d’amore». Tra gli altri, Laquidara ricorda anche il pescatore della bottega in piazza della Piscaria, «col grembiule imbrattato dal sangue di pesce spada appena tagliato», cantare «Ciuri ciuri ciuri di tuttu l’annu l’amuri ca mi rasti ti lu tornu…» perché, con quella melodia, lei è «venuta al mondo», ha conosciuto la musica da cui è attraversato tutto il libro.
«"Ti ho vista ieri" - sottolinea l’autrice - non narra solo la storia della protagonista, questa bambina che seguiamo dalla nascita fino al menarca. Sullo sfondo c’è anche un tempo storico, un’Italia che appare, e della storia possiamo parlare attraverso le canzoni. Sono la nostra poesia popolare e descrivono molto bene i passaggi storici che abbiamo vissuto, come quello di cui parlo nel libro: un’Italia che lascia un tempo antico per affacciarsi alla modernità».
Laquidara, che oggi vive a Vicenza, torna ancora in Sicilia; l’ultima volta c’è stata un mese fa. «Lì - confessa - mi succedono sempre delle cose un po’ magiche, il pubblico mi aspetta. C’è tanta tenerezza, tanta poesia nell’essere distante. Si vedono bene le cose e le si ama anche di più». Così, quando le chiedo cosa vede oggi Patrizia Laquidara, lei risponde di vedere «se stessa adulta portare la bambina che è stata, nel suo mondo per farla convivere meglio con la donna che è ora».
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