Cultura

Enzo Paroli, l'antifascista che salvò il giornalista di Mussolini

Al Giornale di Brescia ieri la presentazione del libro di Virman Cusenza sull’avvocato bresciano che protesse Telesio Interlandi
In Sala Libretti. Il direttore Nunzia Vallini con il prof. Paolo Corsini, in collegamento Cusenza e il magistrato Carlo Nordio
In Sala Libretti. Il direttore Nunzia Vallini con il prof. Paolo Corsini, in collegamento Cusenza e il magistrato Carlo Nordio
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L’incrocio tra due figure opposte. Da una parte Telesio Interlandi, detto il «ventriloquo» di Mussolini, dall’altra Enzo Paroli, avvocato bresciano, per giunta socialista, che non solo difese il giornalista come legale, ma che nascose il fascista e la sua famiglia per più di otto mesi nello scantinato di casa, ai piedi della Maddalena.

Una storia che aveva colpito molto anche Leonardo Sciascia e che oggi si può leggere nel libro scritto da Virman Cusenza - giornalista, «anzi, cronista», già direttore del Messaggero e del Mattino - «Giocatori d’azzardo. Storia di Enzo Paroli, l’antifascista che salvò il giornalista di Mussolini» edito da Mondadori.

Ieri, nella sala Libretti del Giornale di Brescia, la prima presentazione ufficiale cui hanno partecipato con l’autore, incalzato dalle domande del direttore del nostro quoidiano, Nunzia Vallini, anche il magistrato e scrittore Carlo Nordio (indicato proprio ieri da Giorgia Meloni come candidato al Quirinale) e Paolo Corsini, ex sindaco di Brescia, già deputato, docente di Storia Moderna all’Università di Parma.

«È un testo intrigante, coinvolgente e accattivante, scritto da un giornalista storico che si avvale di un notevole supporto di documenti, emersi dall’archivio di Stato» ha esordito Corsini, che ha poi ricostruito il periodo storico e il clima da «resa dei conti» in cui quella vicenda maturò. Un clima che fa emergere con ancora maggiore evidenza «l’atto di eroismo, l’azione di grande fraternità umana e di pietas mostrate da Paroli, convinto sostenitore del principio che senza pietà la giustizia diventi crudeltà». Cusenza nel suo volume si interroga sulle motivazioni che possono aver spinto l’avvocato antifascista a difendere Interlandi dall’accusa di collaborazionismo per cui poteva rischiare anche la pena di morte, ma soprattutto cerca di capire «la relazione umana tra due persone così lontane e diverse. Ma Paroli è una persona lungimirante - ha spiegato l’autore - che già guardava alla riappacificazione del Paese basandosi sul rispetto reciproco».

Non solo. «La pietas mostrata da Paroli - ha poi aggiunto Nordio - nasceva anche dalla considerazione giuridica sul rischio di una pena esagerata che il suo assistito avrebbe corso in caso di condanna». Il magistrato ha sviscerato il difficile tema del rapporto tra «certo e vero, verità processuale e verità oggettiva, tra le leggi non scritte scolpite nella nostra coscienza di uomini e le norme».

Interessante l’intervento del nipote di Paroli, Antonio, che ha ricordato la valenza educativa e pedagogica della storia di suo zio, che ancora oggi insegna come gli avversari non debbano essere considerati dei nemici, ma sempre uomini.

La presentazione di ieri si può rivedere qui.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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