Enrico Schinetti, esploratore del mito in cerca di catarsi
Dalle notti lussuriose di Dioniso, dagli enigmi indecifrabili dell’oracolo di Delfi, alla forza generatrice di Gea, fino alla vittoria di Orfeo sulla morte.
Enrico Schinetti prosegue il proprio viaggio interiore tra gli archetipi della mitologia greca, e approda «...fra i giardini e l’altrove», come recita il titolo della mostra a cura di Marco Ticozzi, allestita fino al 28 febbraio nella sala dell’Associazione artisti bresciani di vicolo delle Stelle 4, in città (orario: 16-19,30, lunedì chiuso, ingresso libero).
Dall’inquietudine al limite del grottesco dei «Giardini ateniesi» del precedente ciclo, di cui sono esposti alcuni pezzi, la visione di Schinetti - che dagli anni ’70 dei «Monumenti», attraverso i «Test», i «Teatri non immaginari» e i «Problemi di Ulisse» si è via via avvicinato all’indagine delle figure emblematiche dell’immaginario occidentale - acquista nelle opere recenti una sorta di rasserenamento, di rappacificazione non solo nei soggetti ma pure nella struttura.
Dalle tele squarciate, dalle cornici «esplose», dalla pittura densa stesa con tratto graffiante, si passa ad una «reinquadratura» della tela entro i margini, ad una materia più liquida e trasparente, a un tratto più morbido che abbandona il dinamismo vorticoso per accompagnare le forme con onde ritmate.
Lo snodo può essere individuato nell’olio su legno «Crono contro Mnemosyne», uno scontro quasi concettuale tra il Tempo e la Memoria - anche simbolicamente individuati dal contrasto tra colori freddi e caldi - che cerca la conciliazione tra il Dio che divora i propri figli (anche nei tratti schizzati di rosso sangue di «Crono - un luogo non luogo» e «Crono - origine come presente») e la memoria che attraversa il tempo, guarda al passato ma, con gli occhi ciechi dell’indovino Tiresia, punta al futuro. Gea è la terra generatrice, ma pure la madre che strappa Euridice all’amore di Orfeo, che scende nell’Ade pur di liberarla. Un percorso di purificazione che chiede di affrontare l’abisso e sfidare il destino, con la sola fede nella forza dell’Uomo, in cerca di un approdo catartico che il segno di Schinetti, giunto al limite dell’astrazione, prefigura come l’«altrove» che ci attende.
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